Un nuovo anno o solo un anno in più?

Il tempo avanza con ritmo, incurante dei nostri capricci: a volte vorremmo fermarlo, altre cancellarlo, altre ancora accelerarlo per anticipare un momento importante o far passare una situazione sgradevole. Non spetta a noi aggiungere un anno alla vita, per fortuna non è in nostro potere e, come dicevano gli Stoici, fa parte delle cose che non dipendono da noi. In Grecia, a guardia dello svolgersi dell’esistenza c’erano le Parche, a cui anche gli dei dovevano inchinarsi. Dare vita agli anni, al contrario, esige da noi un impegno che inizia con un atteggiamento attivo e perseverante, proprio di chi non si arrende di fronte alle difficoltà o non si addormenta quando il vento soffia a favore. Ci obbliga a non dire “ormai”, a non segnare mai una fine. Ci permette di cogliere l’opportunità di fare un bilancio della vita e verificare ciò che vale la pena portarsi dietro e ciò che è bene lasciare.

Vitalizzare il nuovo ciclo fa scegliere con coscienza il sentiero nella intricata foresta dell’esistenza.

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Come si coltivano i sentimenti?

I sentimenti non sono il frutto della casualità.
Se abbiamo imparato che nel piano fisico tutti gli oggetti richiedono un mantenimento per continuare ad esistere, come può essere che non richiedano manutenzione per durare? Se si lubrifica una macchina, se s’ingrassa un’automobile, se si puliscono i mobili o i vestiti, come non dovrebbero pulirsi i sentimenti? Se si alimenta un corpo affinché non decada e non si ammali, come non dovrebbero alimentarsi i sentimenti?
Un sentimento cresce e si mantiene con gran pazienza e sforzo. È come una piccola pianta della quale bisogna curare le radici. Qual è la radice del sentimento che stiamo coltivando? Avendola riconosciuta, sapendo com’è nato, dobbiamo innaffiare quotidiana­mente questa radice

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Il Mistero dell'Elefante

Quando ero piccolo mi affascinavano i circhi e la cosa che di essi più mi piaceva erano gli animali e, tra gli animali, il mio preferito era l’elefante.
Durante l’esibizione, l’enorme bestia impressionava tutti con il suo peso, le sue dimensioni, la forza smisurata. Però, dopo la sua esibizione e fino ad un minuto prima di tornare sulla scena, si poteva trovare l’elefante dietro la tenda principale, legato con una catena che imprigionava una delle sue zampe ad un piccolo palo di legno conficcato nel terreno per qualche centimetro.
Il mistero è evidente: perché l’elefante non fugge sradicando il paletto, quando il suo sforzo sarebbe simile a quello che farei io per spezzare un fiammifero?

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intervista a: Pitagora

Siamo in attesa che arrivi il prof. Pitagora che è stato il primo ad accettare di concederci un’intervista. Ah eccolo... Si accomodi professore, le possiamo offrire qualcosa? No? Allora iniziamo subito...

Prof. Pitagora lei è molto noto fra i giovani...
È vero, ma, ahimé, solo per la tabellina a cui avete dato il mio nome. Ho fatto ben altro e invece divento famoso per quattro numeri in fila e qualche altro teorema sui triangoli...
Non se la prenda; è pur sempre essere famosi! Piuttosto ci dica, allora, per cosa dovrebbe essere famoso.
Beh, sono stato il primo a portare una scuola di filosofia in Italia! Le pare poco? Altri prima di me, dico Talete, Anassimandro, Anassimene, sono rimasti a casa loro.

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Ginnasio Romano o Sarapeum? Tra le antiche vestigia di Siracusa

È il 1864 quando, nell’immediata periferia di Siracusa, l’archeologo Saverio Cavallari porta alla luce i resti di un monumentale edificio. Dallo scavo cominciano a mano a mano ad affiorare resti di colonne corinzie, pezzi di statue di personaggi romani; vengono ancora alla luce i resti di un grande porticato, il basamento di un tempio e la cavea di un piccolo teatro semisommerso dall’acqua. Dopo secoli di oblio l’antica Siracusa, quella dei fasti greci e romani, torna in superficie attraverso quei resti. Il Cavallari e gli archeologi che continuano la sua opera cominciano ad interrogarsi: “Davanti a cosa ci troviamo?”

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