Numero 18
Harry Potter: Ben oltre la magia
La saga letteraria, fenomeno culturale e di costume degli ultimi anni, volge infine al termine; film miliardari, videogiochi, gadget e tanto gossip hanno portato il nome del maghetto inglese su ogni bocca, offuscando la credibilità stessa dell’opera, ma numerosi sono gli aspetti
che motivano ben più del marketing il suo successo, ponendo l’autrice, Joanne Kathleen Rowling, di diritto al fianco di illustri connazionali come Clive Staples Lewis e Philip Pullman. Per chi non avesse ancora avuto il piacere di leggere le avventure di Harry Potter, tenteremo di illustrare qui i pregi di un’opera che ha saputo affascinare adulti e ragazzi, senza rivelarne i segreti.
Basti sapere che ne sono protagonisti Harry, un undicenne orfano dei genitori, morti nel tentativo di proteggerlo da un attacco del perfido e potente Voldemort, ed i suoi compagni della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Il mondo magico in cui le vicende sono ambientate è tutto intorno a noi, solo che noi “babbani”, ovvero non-maghi, non lo percepiamo.
I sette libri della saga, uno per ogni anno di scuola, sommano ad una trama autoconclusiva del singolo volume, una ben più complessa ed accattivante trama generale, disse-minata di indizi e provocazioni tali da rendere la lettura simile ad un giallo. Harry è affiancato dagli amici Ron ed Hermione, dai numerosi compagni, ma anche da un complesso di adulti che contribuiscono a rappresentare la varietà e vastità dei caratteri umani; la narrazione passa così, di capitolo in capitolo, dall’introspezione individuale alla coralità delle azioni, raffigurando l’interazione tra l’uomo e la società. Harry, cresciuto tra i babbani, scopre un mondo completamente nuovo, descritto con grande divertimento; edifici semoventi, oggetti animati e artefatti incantati popolano i libri, ciscuno col proprio nome simbolico, spesso di origine latina o celtica, ma nessuno di questi, a partire dalle bacchette, ha un proprio reale potere: come delle antenne, veicolano ed espandono l’abilità del mago che li usa e per compiere un sortilegio ci vogliono quindi capacità, tecnica ed intenzione, rendendo tutt’altro che semplice l’uso della magia.
L’ambientazione oppone la chiarezza e la semplicità della Scuola di Hogwarts al mondo esterno, complesso, ignoto e nebuloso: dove la prima, sede del sapere, risponde ad ogni dubbio e ad ogni necessità degli studenti, il secondo cela segreti ed ingoia ricordi ed i ragazzi stessi assumeranno lentamente, anno dopo anno, gli strumenti necessari per confrontarcisi. Grande è l’impegno richiesto al preside Silente per mantene la scuola un luogo sano e sicuro, ma anche intellettualmente indipendente dal potere politico, rappresentato dal pavido Ministro della Magia; tra gli elementi di satira sociale non mancano stilettate alle inefficenze della politica e della burocrazia, all’ottusità di certi principi educativi troppo “protettivi” o troppo punitvi, ma si evidenzia anche la necessità di un sistema formativo che passi attraverso il rapporto umano e la consapevolezza delle mille motivazioni che possono celarsi dietro un carattere timoroso o spigoloso, una condotta imperscrutabile, una presa di posizione impopolare. Si aggiunga a ciò che peculiarità della magia è quella di dissimulare: nascondere, alterare, trasformare sono tutte azioni che mutano la forma, ma non la sostanza delle cose, spingendo i protagonisti ad una continua ricerca della verità e dell’identità, costringendoli a sottoporre a continua verifica sia la realtà che le sue rappresentazioni; in ogni volume, inoltre, un artefatto ammalia qualche ragazzo, estraniandolo dalla realtà. Non è difficile riscontrare qui i riferimenti ad un mondo che mescola realtà e virtualità, non solo attraverso televisione e videogiochi, ma attraverso le strutture stesse dell’informazione e della socializzazione, mondo che la Rowling affronta in maniera attiva e non drammatica, priva di retorica, assumendo un ruolo formativo reale e attuale. I ragazzi all’inizio della saga hanno già una loro idea circa il Bene e la Giustizia, ma la crescita e le esperienze sveleranno confini labili, sfumando la connotazione narrativa dalla fiaba verso il romanzo di formazione. Per un “bene più grande”, il machiavelliano Fine, giovani ed adulti metteranno alla prova tutte le proprie capacità, in una dualità tra amore e morte che rende gli ultimi tre volumi decisamente poco adatti ad un bambino.
J.K. Rowling conosce bene i suoi futuri lettori, le loro esigenze comunicative ed educative, i dubbi e le crisi che li rodono, il più delle volte nell’indifferenza del mondo esterno, e su queste modula e definisce i caratteri dei personaggi, i toni delle vicende, i moti emotivi e logici dietro le azioni. Pur affascinata dal rapporto tra infanzia e fantasia, ha voluto dedicare la saga alla scoperta della vera magia umana, quella dei sentimenti, ed alla difficile età dell’adolescenza, in cui ciascuno di noi impara a conoscere e dominare la propria energia emotiva. L’autrice modula tutte le sfumature dei sentimenti, esplorandone le caratteristiche nelle varie fasi dell’età evolutiva. Amicizia, amore, orgoglio, rivalità assumono forme sempre più complesse, all’insegna della comprensione dei sentimenti degli adulti e del loro strano modo di viverli. Cresce così, attraverso le avventure, la definizione dell’identità individuale e delle sue sfumature, fino alla conquista dell’indipendenza psicologica da genitori e professori, attraverso l’assunzione di grandi responsabilità.
Quelli esposti sono solo gli elementi macroscopici della complessità sviluppata dalla Rowling nei suoi libri; complessità che, legata ad un trama forte e ben strutturata in tutti i dettagli e ad una scrittura vivace, molto ritmata, ricca di assonanze, indovinelli, giochi di parole e qualche filastrocca, riferimenti a termini antichi e simbolismi linguistici, ha reso la saga popolare anche tra gli adulti che, lettura dopo lettura, trovano sorpendenti dettagli sfuggiti all’attenzione, cadono in tranelli appositamente ideati per far arrovellare il lettore sulle previsioni più assurde in attesa del successivo volume e tenedo accesa la curiosità di milioni di lettori in tutto il mondo per ben dieci anni. I libri, tradotti in più di cinquanta lingue, tra cui latino, gallese, greco antico e braille, hanno dato vita ad una serie di film divertenti, ma non sempre ben riusciti, destinati a sacrificare sempre più i dettagli salienti della storia e lo sviluppo stesso dei personaggi; per chi li avesse visti, e per chi pensasse di togliersi la curiosità guardandoli, consiglio di chiedere ad amici e conoscenti: sicuramente qualcuno avrà una copia di “Harry Potter e la pietra filosofale” da prestarvi, per scoprire davvero la magia, e per chi sentisse l’esigenza di rinfrescare il proprio inglese, sarebbe ancora più piacevole e divertente scoprire quest'opera nella sua lingua originale!