Harry Potter: Ben oltre la magia

La saga letteraria, feno­meno culturale e di co­stume degli ultimi anni, volge infine al termine; film miliardari, videogiochi, gadget e tanto gossip hanno portato il nome del maghetto inglese su ogni bocca, offuscando la credi­bilità stessa dell’opera, ma numerosi sono gli aspetti
che motivano ben più del marketing il suo successo, ponendo l’autrice, Joanne Kathleen Rowling, di diritto al fianco di illustri connazionali come Clive Staples Lewis e Philip Pullman. Per chi non avesse ancora avuto il piacere di leggere le avven­ture di Harry Potter, tenteremo di illustrare qui i pregi di un’o­pera che ha saputo affascinare adulti e ragazzi, senza rivelarne i segreti.

 Basti sapere che ne sono protagonisti Harry, un undi­cenne orfano dei genitori, morti nel tentativo di proteggerlo da un attacco del perfido e potente Voldemort, ed i suoi compagni della Scuola di Magia e Stre­goneria di Hogwarts. Il mondo magico in cui le vicende sono ambientate è tutto intorno a noi, solo che noi “babbani”, ovvero non-maghi, non lo percepiamo.
I sette libri della saga, uno per ogni anno di scuola, sommano ad una trama autoconclu­siva del singolo volume, una ben più com­plessa ed accattivante trama generale, disse-minata di indizi e provocazioni tali da ren­dere la lettura simile ad un giallo. Harry è af­fiancato dagli amici Ron ed Hermione, dai nu­merosi compagni, ma anche da un complesso di adulti che contribuiscono a rappresentare la varietà e vastità dei caratteri umani; la narra­zione passa così, di capitolo in capitolo, dall’in­trospezione individuale alla coralità delle azioni, raffigurando l’interazione tra l’uomo e la società. Harry, cresciuto tra i babbani, scopre un mondo completamente nuovo, descritto con grande divertimento; edifici semoventi, oggetti animati e artefatti incantati popolano i libri, ciscuno col proprio nome simbolico, spesso di origine latina o celtica, ma nessuno di questi, a partire dalle bacchette, ha un proprio reale potere: come delle antenne, veicolano ed espandono l’abilità del mago che li usa e per compiere un sortilegio ci vogliono quindi capacità, tecnica ed intenzione, rendendo tutt’altro che semplice l’uso della magia.
L’ambientazione oppone la chiarezza e la semplicità della Scuola di Hogwarts al mondo esterno, complesso, ignoto e nebuloso: dove la prima, sede del sapere, risponde ad ogni dubbio e ad ogni necessità degli studenti, il secondo cela se­greti ed ingoia ricordi ed i ragazzi stessi assumeranno lenta­mente, anno dopo anno, gli strumenti necessari per confrontar­cisi. Grande è l’impegno richiesto al preside Silente per man­tene la scuola un luogo sano e sicuro, ma anche intellettual­mente indipendente dal potere politico, rappresentato dal pa­vido Ministro della Magia; tra gli elementi di satira sociale non mancano stilettate alle inefficenze della politica e della buro­crazia, all’ottusità di certi principi educativi troppo “protettivi” o troppo punitvi, ma si evidenzia anche la necessità di un si­stema formativo che passi attraverso il rapporto umano e la consapevolezza delle mille motivazioni che possono celarsi die­tro un carattere timoroso o spigoloso, una condotta imperscru­tabile, una presa di posizione impopolare. Si aggiunga a ciò che peculiarità della magia è quella di dissimulare: nascondere, alterare, trasformare sono tutte azioni che mutano la forma, ma non la sostanza delle cose, spingendo i protagonisti ad una continua ricerca della verità e dell’identità, costringendoli a sottoporre a continua verifica sia la realtà che le sue rappre­sentazioni; in ogni volume, inoltre, un artefatto ammalia qual­che ragazzo, estraniandolo dalla realtà. Non è difficile riscon­trare qui i riferimenti ad un mondo che mescola realtà e virtualità, non solo attraverso televisione e videogiochi, ma attraverso le strutture stesse dell’informazione e della socializzazione, mondo che la Rowling affronta in maniera attiva e non drammatica, priva di retorica, assumendo un ruolo formativo reale e attuale. I ragazzi all’inizio della saga hanno già una loro idea circa il Bene e la Giustizia, ma la crescita e le esperienze sveleranno confini labili, sfumando la connotazione narrativa dalla fiaba verso il romanzo di formazione. Per un “bene più grande”, il ma­chiavelliano Fine, giovani ed adulti metteranno alla prova tutte le proprie capacità, in una dualità tra amore e morte che rende gli ultimi tre volumi decisamente poco adatti ad un bambino.
J.K. Rowling conosce bene i suoi futuri lettori, le loro esigenze comunicative ed educative, i dubbi e le crisi che li rodono, il più delle volte nell’indiffe­renza del mondo esterno, e su queste mo­dula e definisce i caratteri dei personaggi, i toni delle vicende, i moti emotivi e logici dietro le azioni. Pur affascinata dal rap­porto tra infanzia e fantasia, ha voluto de­dicare la saga alla scoperta della vera ma­gia umana, quella dei sentimenti, ed alla difficile età dell’adolescenza, in cui cia­scuno di noi impara a conoscere e domi­nare la propria energia emotiva. L’autrice modula tutte le sfumature dei sentimenti, esplorandone le caratteristiche nelle varie fasi dell’età evolutiva. Amicizia, amore, or­goglio, rivalità assumono forme sempre più complesse, all’insegna della comprensione dei sentimenti degli adulti e del loro strano modo di viverli. Cresce così, attraverso le avventure, la defini­zione dell’identità individuale e delle sue sfumature, fino alla conquista dell’indipendenza psicologica da genitori e profes­sori, attraverso l’assunzione di grandi responsabilità.
Quelli esposti sono solo gli elementi macroscopici della com­plessità sviluppata dalla Rowling nei suoi libri; complessità che, legata ad un trama forte e ben strutturata in tutti i dettagli e ad una scrittura vivace, molto ritmata, ricca di assonanze, indo­vinelli, giochi di parole e qualche filastrocca, riferimenti a ter­mini antichi e simbolismi linguistici, ha reso la saga popolare anche tra gli adulti che, lettura dopo lettura, trovano sorpen­denti dettagli sfuggiti all’attenzione, cadono in tranelli apposi­tamente ideati per far arrovellare il lettore sulle previsioni più assurde in attesa del successivo volume e tenedo accesa la cu­riosità di milioni di lettori in tutto il mondo per ben dieci anni. I libri, tradotti in più di cinquanta lingue, tra cui latino, gal­lese, greco antico e braille, hanno dato vita ad una serie di film divertenti, ma non sempre ben riusciti, destinati a sacri­ficare sempre più i dettagli salienti della storia e lo sviluppo stesso dei personaggi; per chi li avesse visti, e per chi pensasse di togliersi la curiosità guardandoli, consiglio di chiedere ad amici e conoscenti: sicuramente qualcuno avrà una copia di “Harry Potter e la pietra filosofale” da prestarvi, per scoprire davvero la magia, e per chi sentisse l’esigenza di rinfrescare il proprio inglese, sarebbe ancora più piacevole e divertente sco­prire quest'opera nella sua lingua originale!