intervista a: Pitagora

Siamo in attesa che arrivi il prof. Pitagora che è stato il primo ad accettare di concederci un’intervista. Ah eccolo... Si accomodi professore, le possiamo offrire qualcosa? No? Allora iniziamo subito...

Prof. Pitagora lei è molto noto fra i giovani...
È vero, ma, ahimé, solo per la tabellina a cui avete dato il mio nome. Ho fatto ben altro e invece divento famoso per quattro numeri in fila e qualche altro teorema sui triangoli...
Non se la prenda; è pur sempre essere famosi! Piuttosto ci dica, allora, per cosa dovrebbe essere famoso.
Beh, sono stato il primo a portare una scuola di filosofia in Italia! Le pare poco? Altri prima di me, dico Talete, Anassimandro, Anassimene, sono rimasti a casa loro.

 

Sì lei è stato il primo, però Raffaello, nella celebre Scuola di Atene, non l’ha messa al centro della scena. Ci ha messo Platone e Aristotele. Non le dà fastidio?
Così va il mondo; e pensare che il caro Platone spese una bella cifra per acquistare un libro scritto dalla mia scuola; almeno ne ha fatto buon uso. Di Aristotele poi non me ne parli...

Torniamo alla sua avventura in Italia; ci racconti qualcosa.
Veramente quando andai a Crotone avevo già più di cin­quant’anni. Non vuole sapere che ho fatto prima?

Ah sì, certo. Anche perché si dice che sia stato un bell’uomo; chissà che conquiste...
Ma quali donne! Mi sono sempre interessato di ben altro. La mia vera bellezza fu il carattere sereno e questa dote mi è stata molto utile, visto quello che ho passato.

Cosa le è successo?
Andiamo per ordine. Innanzi tutto voi moderni sapete ben poco di me visto che le biografie che avete, quelle di Giamblico e Diogene Laerzio, risalgono a sette secoli dopo la mia morte. Dico sette secoli! Sarebbe come voler ricostruire la vostra Seconda guerra mondiale con un libro scritto nel 2650. Chi sa quante cose sarebbero dimenticate... Ma torniamo a noi. Mio padre lavorava con le pietre prezio­se e questo consentì di farmi studiare con i migliori maestri del tempo, fra cui Anassimene e Talete.

Già Talete, mi scusi se la interrompo, ma non fu proprio lui a dire che tutto il suo sapere non poteva eguagliare quello che intravedeva nel giovane Pitagora?
Sì, fu lui; è bello ricordare un così caro Maestro... ma non mi faccia emozionare. Dicevo che mio padre mi fece studiare presso i migliori e poi acconsentì al mio desiderio di viaggia­re. Talete stesso mi aveva spesso incitato a recarmi in Egitto. Rimasi affascinato da quella terra tanto che vi restai per venti incredibili anni; ventidue per l’esattezza. Quante cose ho imparato in quegli anni straordinari! Ho visto un popolo amare il suo Faraone e questi ricambiare con tanta saggezza. Ho visto sapienti di una profondità che noi Greci non abbiamo mai raggiunto, e neanche voi moderni! Non crediate di essere arrivati chissà dove con le vostre macchinine e i vostri ipot...

Ipod, Professore, Ipod
Sì quei cosi lì; credete che avere oggetti fra le mani migliori la vostra anima? Sarebbe facile, allora; anzi dovreste già essere superiori agli stessi dei per tutte le cianfrusaglie di cui vi circondate!

Bhe, però noi oggi possiamo viaggiare per conoscere il mondo molto di più che ai suoi tempi
Ma non mi faccia ridere! Voi viaggiate solo per evadere dagli ‘stress’, come li chiamate; ai miei tempi si viaggiava per conoscere altre civiltà con l’intento di studiarle e capirle!

Allora torniamo ai suoi anni in Egitto.
Sì, è meglio... dicevo che lì strinsi amicizia con tanti sapien­ti, per nulla gelosi di un povero barbaro come me. Mi svela­rono i loro tesori a piene mani, con generosità. Forse sapeva­no già quale sarebbe stato il mio destino... Tanta gioia mi ha dato l’Egitto ma altrettanta disperazione mi assale ogni volta che ripenso a quello che accadde dopo. Avevo quasi quarant’anni, quando un brutto giorno arrivaro­no i Persiani di Cambise! Capii, allora, com’è strano il destino! Proprio quell’unione magica tra Faraone e popolo, che per millenni era stata l’anima segreta di quella strana terra, venne a cadere di colpo. All’improvviso il Faraone Amasis morì, dopo 44 anni di regno felice, lasciando un figlio ine­sperto ad affrontare quel demonio di Cambise. Fu una strage. Menfi fu conquistata, molti Egiziani furono uccisi, la stessa tomba del Faraone fu profanata e così i suoi poveri resti! Poi, il dramma più crudo: duemila giovani furono massacrati senza pietà per rappresaglia! Proprio a me era toccato di vivere i giorni della fine di una civiltà di migliaia di anni! Mai più l’Egitto sarebbe stato come un tempo! Ancora pochi secoli e il destino lo avreb­be cancellato. Tutto scorre come il fiume, dice il buon Eraclito. Quando, poi, i Persiani se ne andarono mi portarono via insieme con altri prigionieri. Così passai altri dodici anni a Babilonia. Ma anche lì mi andò bene perché riuscii a stu­diare la profonda sapienza dei loro Magi. Insomma a 56 anni suonati facevo ritorno alla mia Samo! Avevo impa­rato molte cose in tutte le arti e scienze e trepidavo dalla voglia di farle conoscere ad altri. Non riuscivo a tenere quei segreti solo per me. Provai ad aprire una scuola ma, come si dice, «nessuno è profeta in patria». Così decisi di andare nelle colonie d’occidente! Avevo sentito parlare di qualcosa che stava nascendo, Roma. Proprio in quel periodo vi regnava l’ultimo re, Tarquinio il Superbo. Andavo ad occidente con la speranza che un giorno Grecia e Roma si potessero incon­trare e il piccolo seme piantato a Crotone potesse diventare una grande pianta.

A Crotone fu un trionfo...
Sì ci fu subito intesa con quei cittadini, altro che Samo. Non fu difficile parlare al cuore di quella gente.
Iniziai con i giovani che esortai allo studio, ad una salda morale, al rispetto dei genitori; cose che oggi farebbero ridere... Forse no, perché i giovani vogliono certez­ze. Poi riuscii a radunare i potenti della città invitandoli ad agire con giustizia... perché ride?

Maestro mi scusi, ma la stettero ad ascoltare?
Certo, non prenda i suoi tempi moderni a modello; voi siete solo pieni d’orgoglio per la vostra tecnica ma non sapete ren­dere felici gli animi. Ma lasciamo stare... Poi parlai alle donne, pregandole di tornare alla semplicità, ed infine anche ai fanciulli a cui raccomandai di coltivare la buona amicizia fra loro e di non vantarsi delle ricchezze dei propri genitori.

Non so se riuscirebbe nella stessa impresa oggi!
Perché no? Se fossi fra voi ci proverei e stia pur certo che saprei parlare al cuore. Gli uomini sono sempre gli stessi!

Ma come mai, dopo dieci anni di trionfi a Crotone, la sua Scuola fu distrutta? Ancora una grande pena nella sua vita! I Pitagorici erano diventati una setta?
Ma quale setta! I veri filosofi non fanno sette. Spaccano il capello a cercar la Verità e perciò sono difficili da digerire. Il nostro stile di vita irreprensibile era piaciuto ai Crotonesi che ci invitarono a governare la città. Ma sapete bene che la poli­tica crea invidie quando si toccano certi interes­si... Così un tale, di cui non voglio neanche ricordare il nome [Cilone, n.d.r.], si mise a capo di una massa di gente che attaccò la nostra scuola uccidendo molti dei miei cari discepoli. Ma, la prego, non voglio ricordare i giorni più amari della mia vita.

Mi dispiace averla rattristata. Ci spieghi cos’è questa storia delle fave...
Ecco, ci risiamo. Per cosa diventi famoso? Per le sciocchez­ze o, meglio, per l’errata interpretazione di qualcosa. Avevo semplicemente invitato i miei discepoli a non mangiare certi cibi, ché sono pesanti. Che c’è di strano? Voi moderni non
fate quelle cose che chiamate ‘diete’?

Allora torniamo alle cose serie. Ci parli della sua filosofia.
Mi chiede una cosa difficile in così poco tempo. Posso solo dire che i Pitagorici non studiavano solo i numeri, come troppo comodamente si va dicendo. I numeri ci servi­vano solo come strumento per conoscere l’universo, le sue leggi armoniche e il meraviglioso destino umano. Il motto “Conosci te stesso”, che attribuite a Socrate, noi Pitagorici già lo praticavamo! In breve il nostro obiet­tivo era sviluppare le virtù dell’Uomo, dando fiducia alle potenzialità della sua Anima.

Caro Maestro, purtroppo è già tempo di lasciarci... Può dare un messaggio ai nostri Lettori?
È difficile parlare con voi moderni... Vi siete rintanati in un mondo meccanico e non vedete quali mostri avete ali­mentato... Però l’umanità ha una forza incredibile! È sempre capace di risollevare la testa quando vuole il profumo della Verità o, come la chiamate voi, un ‘Mondo nuovo e migliore’... Ma, per far questo, dovre­te cercare dentro di voi. Nessuno vieta di conoscere le tante meraviglie che ci sono intorno; anch’io mi sono interessato ad ogni tipo di scienza e di arte (e vedete che sono famoso per la tabelli­na...) eppure ho capito che la vera forza è dentro di me. Ricominciate a cercare dentro voi, a separare l’utile dall’inu­tile e il falso dal vero...