Numero 27
La caverna di Don Gallo
La caverna di Don Gallo
Il mito della caverna di Platone visto da Don Gallo durante la conferenza tenutasi a Genova presso la biblioteca Berio
Rispondendo alla domanda su cosa sono oggi i valori ha inizio l’intervento di Don Gallo; afferma che a tutti coloro i quali gli chiedono in quale università egli si sia laureato, risponde sempre la seguente “la strada”, perché “dalla strada si vede tutto, non so se siamo fuori o dentro la caverna”.
Poi prosegue citando il neo Presidente del Consiglio Mario Monti il quale afferma che i giovani vanno visti come una risorsa, ma per Don Gallo sono una risorsa schiacciata poiché non vede nessun minimo accenno ad un nuovo modello di sviluppo, ne da conferma il fatto che della grande rivoluzione culturale maschile e femminile del ‘68 oggi ricordiamo solo il fatto che i ragazzi volevano fare l’amore e non l’importanza mondiale della rivoluzione la quale ha visto circa 300 studenti morti, Martin Luther King e John Kennedy trucidati, sino alla repressione ed alla strage di stato in Italia, per arrivare al G8 “una cosa grandiosa, tutti questi ragazzi venuti a Genova” , “io conosco i centri sociali, non avevano intenzioni violente”.
Ricorda allora quando dieci anni fa, in occasione appunto del G8, ricevette la v isita in due giorni distinti, di due grandi registi, Mario Monicelli ed Ettore Scola, ed entrambi gli posero la medesima domanda “riusciremo a sradicare nelle nuove generazioni l’assenza di futuro?” segue la risposta di Don Gallo il quale fa riferimento alla comunità che lui segue da quarantuno anni e che ha come fondamento il concetto che “nessuno si libera da solo ci si libera insieme”. Poi si pone una domanda fondamentale “si può anteporre la persona al mercato?”
La risposta che si da è che purtroppo vince la convinzione che il più forte ha sempre ragione, portandoci ad una conclusione e cioè che non sono i giovani e le nuove generazioni ad essere fuori rotta, ma che è tutto fuori rotta ed è per questo motivo che invita a fare una verifica generale chiedendosi se si voglia realmente il bene comune. “Allora sono tra gli Indignati, come si fa a non esserlo, Indignati significa che io continuo a sentire, con la mia gente, con gli emarginati, di subire dei torti delle ingiustizie”, continua affermando che la politica dovrebbe consentire di uscire dai problemi tutti insieme, con una priorità: quella di partire dagli ultimi, e conclude paragonando la nostra storia ad un film. Questo film ha una colonna sonora e questa colonna sonora è una bellissima canzone “La Canzone del Maggio” di Fabrizio De André cantata da anni all’interno della sua comunità e con la quale andrà a concludere il suo intervento citandone una strofa di seguito riportata:
La Canzone del Maggio |
E se credete ora Fabrizio De André |
Paolo Di Rosa