Numero 25
Appuntamento con Seneca
Appuntamento con Seneca
Marco Aurelio, Epitteto, Seneca... la loro non fu certamente la filosofia del teorizzare. Gli stoici furono portatori di una vera Filosofia “Morale”. Proiettati audacemente nella costruzione più che altro di esempi, di norme etiche per la formazione di un uomo capace di vivere bene in questo mondo, si distinguono già dallo stile letterario, molto diverso da quello dei predecessori.
Del pensiero di Seneca, infatti, molto è deducibile da scritti quotidiani; scambi epistolari che il filosofo ebbe con amici e parenti; tra tutti è indubbiamente apprezzabile quello con il procuratore della Sicilia, Lucilio. Tra un consiglio e l’altro, una riflessione, un ragionamento, una considerazione, Seneca esprime in maniera sentenziosa in alcuni momenti, travagliata in altri, la necessità che la filosofia, più che come un vortice di pensieri, si manifesti come uno stile di vita: quello del saggio.
È interessante allora, visto il carattere di questo personaggio, provare ad immaginare cosa oggi avrebbe da dirci in merito al panorama del nostro momento storico. Non è impossibile ultimamente accendendo la TV, leggendo un giornale, collegandosi ad un sito d’informazione, non doversi confrontare con scene di catastrofi naturali, guerriglie e insurrezioni. Ci sono situazioni che richiedono imperiosamente aiuto da un lato e veramente poca chiarezza sul cosa sia possibile fare dall’altro. C’è sgomento. Allora cosa uno stoico come Seneca sarebbe portato a reiterare se lo si interrogasse su queste circostanze? Da una parte tornerebbe probabilmente a ricordarci, come fece con Lucilio, di avere coscienza che nulla deve giungere imprevisto all’uomo. In varie parti delle sue corrispondenza, ma in modo particolare nella 91esima epistola, in cui fa riferimento all’incendio di Lione, Seneca esprime l’importanza di tenere sempre in considerazione non tanto quello che accade normalmente, perché a questo siamo abituati, ma quello che potrebbe accadere, in modo tale da non rimanere vittima degli avvenimenti.
La capacità di andare oltre l’abitudine, vivere ed essere sempre pronti a ricevere ciò che la vita vuole darci, è il frutto di un credo stoico: sulla Provvidenza (pronoia). Gli stoici non ci parlano di Dio in modo personalistico; essi lo considerano la ragione che penetra tutte le cose. Tramite l’episteme, la ricerca della Verità, l’uomo scopre che tutto è governato dall’episteme divina. L’episteme divina è chiamata Logos e crea il mondo. Il mondo quindi è governato da tale ragione che tutto muove verso una finalità unica.
Quindi nulla è per caso, ma tutto è retto da una Provvidenza, da una causalità. Ogni cosa ha una ragione d’esistere, un Destino, un Fato, retto da una logica divina. Quest’idea ci invita ad accettare quanto accade, non con semplice rassegnazione, bensì con la lucidità di chi conosce la materia che pratica. Soltanto analizzando la Natura, che è espressione del Logos, infatti, noi possiamo comprenderne le leggi e viverle, altrimenti le subiremo. La fortuna si può presentare con mille volti e spesso ha qualcosa da insegnarci.
Quest’insegnamento è molto simile a quello orientale del Karma, la legge di azione/reazione, per cui ogni realtà che produciamo, ogni azione genera una reazione. E di conseguenza tutto ciò che ci accade non è un caso, ma è il frutto di un’azione che si è imbattuta sulle leggi della Natura dando vita ad un risultato. In entrambi i casi esiste una Giustizia a monte che dirige l’esistenza, e l’analisi di quello che quotidianamente andiamo raccogliendo ci permette di comprenderla. La libertà del saggio consiste allora nell’uniformare il proprio volere a quello divino… tanto sfuggirgli è impossibile.
Manuela Di Paola