Il buco nero... canterino

Non è una notizia recentissima, viene ripresa dalla rivista Nature del 2 ottobre 2003, ma rappresenta un’ulteriore conferma che i corpi presenti nell’universo emettono energia con moto ondulatorio e queste onde, siano esse di materia o elettromagnetiche, risuonano con frequenze paragonabili, con le dovute scale di grandezza, a quelle emesse dagli strumenti musicali costruiti dall’uomo.
Gli astronomi del Chandra X-ray Observatory Center affermano, in un articolo della prestigiosa rivista, di aver “udito”, attraverso il telescopio a raggi X, a 250 milioni di anni luce dal nostro pianeta, il buco nero della galassia NGC 1275, nel lontanissimo ammasso di galassie che chiamiamo Perseo, emettere un si talmente basso da non potrebbe essere udito da orecchio umano.

In un'immaginaria tastiera di pianoforte lunga a piacere la nota si trova 57 ottave sotto il do centrale. Il suono emesso dal buco nero ha una lunghezza d'onda di 36.000 anni luce e con la sua possanza scalda la gigantesca nube di gas e polveri che circonda il buco nero. La nota celestiale è prodotta, secondo Andy Fabian di Cambridge, autore dell'osservazione, dalla tremenda energia liberata dal buco nero che increspa i gas che gli fanno corona.
È la musica delle sfere di cui hanno parlato gli antichi filosofi e poeti?
Difficile dirlo, ma il suono cosmico del buco nero in questione può essere definito la nota più bassa finora registrata da strumentazione umana.
La notizia apre la possibilità di rivalutare le concezioni pitagoriche e platoniche intorno alla Musica delle sfere. Ha il fascino di miti remoti e di ancestrali risonanze umane, che si dispiegano nelle opere di filosofi, scienziati e poeti che, dagli albori dell’antichità, affermano che i corpi celesti nel loro moto rispondono a leggi matematiche precise ed emettono note particolari.
Dagli anni Ottanta, quando vennero per la prima volta registrate le note emesse dall’atmosfera solare e dagli anelli di Saturno o dalla nostra galassia - la Via Lattea emette un sibilo acuto - molte sono state le osservazioni scientifiche che confermerebbero queste tesi. Addirittura esiste un insieme di teorie, note con il nome collettivo di “Teoria delle Stringhe”, che descriverebbe le particelle infinitesimali della materia non come piccoli globi, ma come stringhe, lacci che, vibrando secondo frequenze caratteristiche, darebbero origine a tutti i differenti stati della materia che oggi conosciamo.
Questi concetti sono arrivati a noi attraverso un lungo ma ben saldo percorso che dai Maestri greci, attraverso il mondo latino e medievale europeo, venne vivificato dagli esponenti del neoplatonismo rinascimentale fiorentino.
Anche Keplero, partendo da un’idea di Universo governato da leggi intelligenti e matematiche, (quindi musicali, se intendiamo i rapporti matematici che permettono lo svolgersi dell’armonia musicale), arrivò alla formulazione delle tre leggi sul moto dei pianeti.
Lo stesso Newton racconta di essere arrivato all’enunciazione della famosa legge di gravità universale illuminato dall’idea di un Cosmo armonico alla maniera classica.
La scienza odierna, a piccoli e sudati passi, continua l’incessante marcia di riavvicinamento a quelle conoscenze filosofiche che in epoca classica erano assodate dai filosofi, pur se non descritte con un rigoroso linguaggio matematico.