L'Olympieion di Siracusa

Volgendo appena lo sguardo alla propria destra, mentre da Siracusa ci si reca verso le zone balneari percorrendo l’antica via Elorina, si notano due solitarie colonne sul poggio che sovrasta la città.
Si tratta dei resti di un antichissimo tempio greco risalente al VII sec. a.C., molto meno citato e conosciuto rispetto ai famosi templi di Apollo e di Atena presenti nell’isola di Ortigia. Questo isolato luogo, dove un tempo sorgeva un santuario, viene oggi conosciuto dai Siracusani con il nome “le due colonne”.
Queste due colonne superstiti, che hanno attraversato imperterrite i secoli, facevano parte del maestoso Olympieion, tempio dedicato a Zeus Olimpio, sorto in un luogo fortemente legato alle origini della città di Siracusa.

La collinetta sulla quale sorgeva il tempio sovrastava un'immensa palude detta Lysimelia, vicina all’approdo del Porto Grande di Siracusa e non lontana dal fiume Ciane.
Il tempio costituiva l’elemento coagulante di quello che era il quartiere Polichne, importante per il controllo strategico del territorio.
È nei pressi di questo luogo che viene collocato nella mitologia greca il ratto di Proserpina da parte del dio Plutone; il dio fu invano ostacolato dalla ninfa Ciane, da lui poi trasformata in fiume.È qui inoltre che sarebbe giunto Eracle, in giro per il mondo nel compimento delle sue dodici fatiche, con i buoi di Gerione.
Ma torniamo al tempio. Era custodito dalla casta sacerdotale prima per rango della città. La sua arcaicità è indicata da vari indizi, come la notizia che la prima statua di Zeus qui conservata era in legno, materiale utilizzato nei templi prima ancora della pietra.


Cicerone ricorda che a Siracusa Zeus era venerato con il nome di Urios, ovvero protettore dei naviganti e il nostro tempio sorgeva sulla linea di ingresso delle navi nel porto.
La città venne fondata nel 734 a.C. ad opera di un gruppo di Corinzi, capeggiati da Archia. Lo  storico siracusano Serafino Privitera cita nel suo libro Storia di Siracusa: «Fuori dall’     isola, distante quasi due miglia sulla     collina che domina l’Anapo, un tempio maestoso e grande innalzarono a Giove Olimpico, che divenne famoso per il simulacro del Nume, per la riverenza ed il culto e per la ricchezza degli ornamenti. Dovette essere anche dei primi, e fabbricato sotto gli Jamidi, che ne erano i sacerdoti. Fu qui eretto, forse perché al primo arrivo della colonia, Archia sceso ad esplorare i luoghi, avendo da quel punto scorto la palude, il fiume, l’ampia riviera del porto, e la fertile campagna, abbia qui sciolto il voto al sommo Iddio».
Originariamente il tempio aveva un porticato di 6 colonne per 17 ed era molto allungato (20,50 x 60 m).
Il primo cenno storico sull’esistenza del tempio risale al 491 a.C., quando Ippocrate di Gela, dopo aver battuto i Siracusani presso l’Eloro, vi si accampò con i suoi uomini e sorprese il sacerdote ed alcuni cittadini intenti a depredare gli ex voto e l’oro del mantello della statua del Dio, cacciandoli via. Narra, infatti, Diodoro Siculo nel X libro della Biblioteca Storica: «E, dopo averli ripresi aspramente quali spoliatori del tempio, egli ordinò loro di fare ritorno in città, ma Ippocrate personalmente non toccò le offerte votive…».
Tempo dopo, racconta Cicerone, Dionigi I sostituì il mantello d’oro, posto sulla statua del dio da Gelone, con uno di lana, asserendo: «Così avrà meno freddo».
Tutti i nemici della Siracusa greca non resistettero al richiamo dovuto alla posizione strategica del luogo. La grande fortuna della città fu la presenza della palude. Ateniesi, Cartaginesi e Romani che si stabilirono nella pianura circostante, dove peraltro furono combattute accanite battaglie, vennero sorpresi da violente e terribili epidemie che decimarono i loro eserciti e che decretarono la vittoria di Siracusa in più occasioni.
Nel 465 a.C., quando i Siracusani cacciarono l’ultimo esponente della dinastia dei tiranni Diomenidi, celebrarono l’avvenimento con una statua colossale di Zeus Eleutherios (liberatore) che venne posta nel tempio.
Il tempio fu, inoltre, centro politico; in esso erano infatti conservate le tavole con tutti i nomi dei cittadini siracusani.
Tanta è la storia vissuta dalle due colonne che hanno ispirato molti viaggiatori ed artisti del Sette-Ottocento e vedutisti tardoromantici colpiti dal panorama circostante.
Oggi osservano solitarie e nostalgiche una delle più grandi città del passato.