Numero 16
Paul Cezanne: 2a Parte
L’interesse dimostrato da Cézanne nei confronti dello spazio figurativo e la sua volontà di rielaborare col pensiero l’esperienza sensoriale di esso, contribuì alla creazione di una prospettiva di nuovo tipo, che avrebbe ispirato successivamente il movimento del cubismo.
Essa, basata su schemi geometrici come lo sferoide, usato nel suo primo periodo di composizione, e il poliedro, ridefiniva lo spazio secondo una globalità della visione, priva delle caratteristiche illusionistiche e tridimensionali che avevano caratterizzato la pittura tradizionale fino a quel momento.
Ma quella che concettualmente apparve come una nuova definizione è in realtà l’applicazione formale di un principio che era stato già vissuto nell’Antichità classica.
Occorre una riflessione sulla differenza esistente tra quella che lo studioso d’arte Panofsky chiama immagine retinica, che viene percepita secondo il nostro organo visivo, e l’immagine prospettica, che viene costruita sull’unico punto di fuga dalla tradizione rinascimentale.
La retina possiede, infatti, una configurazione sferica che determina una visione curva delle linee rette: questo aspetto della realtà fu osservato dagli astronomi e matematici all’inizio del XVII secolo, tra cui Wilhem Schickhardt, che scrisse: “... io dico che tutte le linee, anche quelle più rette, non si presentano come tali, directe contra pupillam, proprio davanti all’occhio...; che necessariamente appaiono un poco curve. Ma nessun pittore lo crede; perciò i pittori dipingono le pareti piane di un edificio con linee rette, benché, stando alla vera arte della prospettiva, non sia possibile considerarle come tali... Sciogliete questo enigma, o artisti!”
Anche Keplero concordava con questa osservazione: egli riconobbe infatti la possibilità che, ad esempio, la coda di una cometa o il tracciato del suo percorso, venga percepito come curvilineo, pur essendo rappresentato rettilineo.
Negli scritti degli antichi ottici greci si trovava già espresso lo stesso concetto: le linee rette vengono viste come curve e le linee curve come rette. Questo spiega perchè le colonne dei templi dorici, ad esempio, venivano costruite secondo famose curvature: l’epistilio, denominazione greca dell’architrave, e lo stilobate, piano superiore del basamento su cui si appoggiano le colonne, venivano infatti costruiti curvi, per non dare l’impressione di una flessione.
Si comprende, alla luce di ciò, che la grandezza di Cézanne fu anche quella di riaffermare la complessità della visione esteriore, che non è così perfettamente riconducibile ad un unico punto di fuga che definisce tutti gli elementi.
Appare dunque fondamentale nella storia dell’arte la sua esperienza pittorica, innovativa e, allo stesso tempo, classica. Essa servì a restituire alle arti la possibilità di rappresentare la realtà secondo la cosiddetta “perspectiva naturalis” (dal latino perspicere, vedere chiaramente).