Numero 16
La vita nascosta dentro ad un cerchio
Provate ad indirizzare lo sguardo verso le antiche cattedrali; verso l’orizzonte segnato dal cielo o dal mare; verso la volta celeste durante una notte stellata; verso i resti della nostra storia più lontana, le piramidi egizie, i templi orientali, i mausolei d’ogni epoca, certi castelli medievali, le ruote solari del paleolitico o ancora i disegni spontanei delle nostre mani che si lasciano andare su un foglio, magari per distrarci da una noia, e ci troveremo immersi in una delle forme più semplici, eppure più ricche di significato, che l’uomo abbia mai potuto intuire dalle origini della sua evoluzione: il cerchio.
Fa un grande cerchio lo sguardo di chi osserva attento il proprio mondo nel tentativo di conoscere cosa lo circonda; un grande cerchio che, in molte simbologie arcaiche, riesce a rappresentare in forma simbolica tutto un universo: quello intimo che ogni individuo si porta dentro il proprio animo, e quello più grande, universale, che unisce in un solo abbraccio tutte le culture che si sono succedute sulla nostra terra, indifferente alla provenienza, alla razza, alle condizioni esterne che le hanno determinate.
Non c’è uomo che non abbia proiettato se stesso in uno spazio circolare. Lo fa in forma spontanea quando impara a tracciare il segno, per la prima volta, e si ritrova a creare grandi “mandala”, grandi cerchi che rappresentano il mondo bambino.
Lo hanno fatto gli antichi costruttori, come pure i moderni architetti, quando intuirono che tutto l’Universo riesce a trovare magicamente spazio in una circonferenza che ruota attorno ad un centro.
Non sembra neanche un caso che proprio un grande cerchio di sabbia, il mandala per eccellenza, sia ancora oggi adoperato in molte regioni d’Oriente per arricchire la vita interiore di mistici e saggi che, con esso, hanno ritrovato un potente strumento di conoscenza che fonde all’unisono il piccolo di ciascun uomo ed il grande appartenente a tutto l’universo.
Queste spettacolari figure, rappresentanti simboli e divinità che si contendono un grande spazio fatto di figure geometriche e colori, li impegnano per mesi: per mesi la sottilissima sabbia va a riempire quei particolari disegni, che poi saranno distrutti spazzandone via tutti i granelli di sabbia.
Non sono gesti banali, anzi. Penetrano appieno - come ebbe modo di intuire un grande della ricerca psicologica del secolo scorso, lo psicanalista svizzero Jung dentro i “misteri” dell’anima dell’uomo, lo connettono all’intero universo e veicolano tacitamente il messaggio… che nulla accade per caso e che ogni cosa conduce in una sola direzione: il proprio Centro!
Non è errato definire il mandala come uno psico-cosmogramma, un’immagine della psiche come dell’universo. Esso rielabora, in forma creativa, ciò che appartiene all’intimo di ogni uomo e, proprio per questa qualità, vi proietta “archetipi” che appartengono all’umanità intera. Senza differenze.
Nello spazio circolare di un mandala il disordine trova il proprio ordinamento; ogni elemento appartenente alla propria dimensione personale trova collocazione e accettazione all’interno di un “territorio” che rassicura, protegge e conduce verso risorse e potenzialità che spesso ciascuno di noi dimentica di possedere. È indicativo, infatti, che queste elaborazioni siano state da sempre adoperate per favorire la concentrazione, la meditazione e la coerenza interiore o, ancora, per delimitare uno spazio sacro attorno al quale scorre la vita quotidiana. Ancora oggi, il loro fascino viene in sostegno della rassicurazione e della serenità dell’animo ogni qualvolta un cerchio nasce spontaneamente come a voler contenere quello che spinge ed anima la nostra interiorità. Sembra acquistare le funzioni di un ponte che collega i due piani della nostra personalità: da una parte lo psichico, quello che ci fa “sentire” la vita, le sue emozioni, i suoi piaceri e dispiaceri, il suo dolore e la sua gioia; dall’altro l’universale, la proiezione verso il sacro, il divino che è in noi, il profondo che anima e sostiene, che affascina e spinge a superarci. Spontaneamente, anche il più piccolo dei mandala rappresenta il prezioso tentativo della Vita e della Natura di “guarire” ogni ferita, di ispirare e motivare ciascun cammino personale verso la gioia e la felicità.
Tutto in un cerchio. Se provassimo a respirarne il fascino probabilmente ci ritroveremmo all’interno di uno “spazio” nel quale più nulla può esserci indifferente, uno spazio che implica la partecipazione dalla sistole alla diastole dell’universo, preludio di una conoscenza più profonda di sé che esclude ogni egoismo, ogni sofferenza, ogni attrito, ogni paura. E per entrarvi nessuno sforzo smisurato. Solo una piccola “chiave” che tracci, lì dove vogliamo, un cerchio di luce e colori che si rincorrano e si inseguano come ciascuno di noi fa, giornalmente, coi propri pensieri e le proprie emozioni.