Artisti e bambini, il filo rosso della libertà

Gli affreschi di Leonardo, i ritratti di Raffaello, i paesaggi di Monet, i cromatismi di Cézanne… cosa attira il nostro sguardo davanti alle opere artistiche più belle, cosa ci ispira profondamente quando ci perdiamo dentro quelle pennellate che, di certo, hanno lasciato qualcosa in più di semplici segni e sfumature di colore sulle tele?
Cosa desta la nostra attenzione quando osserviamo uno di quei fogli di carta “pasticciati” dai bambini con macchie di colore, casette dal tetto rosso, omini tutto-testa e fiori multicolori?
Potrebbe esistere un filo conduttore tra produzioni tanto diverse?
Forse il linguaggio adoperato e la dimensione interiore che fa nascere l’arte in queste due età differenti si somigliano; quindi si possono rintracciare corrispondenze tra i bambini che disegnano ed i grandi della tradizione artistica. I bambini, come i grandi artisti, si lasciano catturare dai colori, si ritirano dentro sé stessi quando, davanti ad un foglio di carta o ad una tela, ritraggono qualcosa che va al di là dell'oggetto stesso; mettono in gioco la propria personalità e le proprie risorse, entrano dentro le cose che ritraggono con quella profondità che li caratterizza e che li rende speciali.
Eppure, nonostante si “nasca” un po’ tutti artisti, poiché da bambini tutti ci siamo smarriti dietro le creazioni che la nostra mano produceva liberamente con colori e pennelli, col trascorrere del tempo qualcosa finisce con l'allontanarci dal fascino dei colori e dalle nostre “produzioni artistiche”.
Perché? Cosa si frappone tra noi e il misterioso mondo dell'espressione cromatica?
Probabilmente, per trovare risposta a questa domanda, dovremmo ricordare cosa ci accadde durante quell'arco di tempo in cui ponevamo su carta tutte le emozioni che ci avevano “colorato” la giornata.
Di certo arte è espressione, è immersione in sé stessi, è, ancora, riemersione con tutto quello che si è ritrovato in quella profondità e nell'ambiente che si penetra. È arte ogni creazione che nasce da questo intenso, seppur semplice, lavoro interiore del quale spesso sono maestri proprio i bambini.
La vita, quando dimentica questo ambito dell'espressione umana, sembra proprio ci rapisca all'interno di un profondo vortice dal quale si esce con molta difficoltà: paure, incertezze, impegni, corse senza fine, apparenze, finzioni, desideri, moniti e costrizioni ci imprigionano spesso in uno specchio di illusioni che, di fatto, diventa più pregnante di qualsiasi realtà. Si comincia a dare senso alla vita solo in termini di rendimento, di risultati, di produzioni che ci assimilano sempre più a grandi aziende per le quali il ritorno economico è decisamente molto più importante del rispetto di qualsiasi legge, umana o morale che sia. Ci insegnano che si vale solo se si raggiungono posti di prestigio, se si aumenta il conto in banca; ci insegnano che si viene considerati solo se ci si attrezza dell'ultimo modello di telefonino, se si naviga in internet, se si “chatta” con un qualsiasi sconosciuto, se si bevono bevande spinte, se si indossano abiti firmati.
Poi, magari, non si ha tempo per guardare un panorama incantevole, per ascoltare buona musica, per leggere un bel libro. Non si può - e probabilmente non si deve - trovare tempo da dedicare a sé stessi, alle cose che ispirano, che permettono di entrare dentro sé stessi, anche se passando per una porta secondaria… Nessuno insegna più, se non a fatica, il fascino di una poesia, di un pensiero che stuzzica la riflessione, di un'immagine che fa sussultare, di una narrazione che risveglia sentimenti nobili. Non si parla più di valori, di princìpi, di ideali. Non si raccontano più le storie del nostro passato, si ignorano i miti, si rinnegano persino le fiabe per i nostri bambini. Siamo tanto innamorati del concreto che ci siamo dimenticati di quanto non si sfiora con le dita ma che non è per questo meno reale.
L'arte istintiva del bambino probabilmente passa per questo filtro: diventa sciocca, inutile, improduttiva, ci rende ridicoli, forse perché ci ricollega a quel mondo interiore che, per ignoranza, ci rifiutiamo di conoscere. Ci rende vulnerabili, nudi, naturali. Ci mette in contatto con quanto proviamo e ce lo lascia esprimere con una freschezza considerata come troppo grossolana per un'epoca come la nostra, contrassegnata, ahimè, da tante complicazioni. Chissà quale sensazione si risveglierebbe se, animati da un po' di buona volontà, riuscissimo a trovare quel “tempo” per incontrare colori, per giocare con le linee, per ritrarre quanto vediamo intorno.
In fondo, niente di più naturale: lo facciamo istintivamente, quando il rigore delle “sbarre” che ci chiudono si intorpidisce un po', quando ci lasciamo distrarre da una telefonata, quando si ascolta qualcosa di noioso… ecco, allora, che la nostra mano va libera e crea. Basta un angolo di foglio, la copertina di un quadernetto per ritrovarci a disegnare, a “scarabocchiare”, a inseguire linee e forme che ci trasportano lontano. E si apre un mondo, forse quello che ha permesso ai grandi dell'arte di seguire ispirazioni, ideali, immagini, sogni; quello che illumina gli occhi di un bambino con le sue matite; quello che ha animato le più geniali menti della storia dell'umanità, filosofi, poeti, scienziati che hanno saputo andare contro corrente. Un mondo che dimora sicuramente dentro ciascun uomo che, sebbene intorpidito da tanti discorsi e velleità, può recuperare quell'intimo legame con il proprio mondo interiore, con le proprie sensazioni, idee, percezioni ed ispirazioni che lo pongono nelle condizioni di “creare”, non solo arte, pensieri o intuizioni, ma tutto quello che gli ricorda di essere composto non solo di terra ma anche di cielo.