Storia di un "prezzemolino" ovvero la ricerca del pigreco

Vi è mai capitato di parlare a voi stessi e di porvi domande con l’innocenza e lo stupore di un bambino e rispondervi con la razionalità e la lucidità di un adulto?
A me sì, molte volte.
Ora vi riporto uno di questi discorsi nati in seguito all’incontro-scontro con uno dei numerosi simboli matematici: pigreco. Un incontro quotidiano per chi, come me, insegna scienze matematiche ed uno scontro inaspettato con la testardaggine dei matematici di tutte le epoche e civiltà per calcolarne il valore.
E la bambina che è in me chiede:

Che cos’è questo pigreco? (š)


È š, quello strano simbolo che i più ricordano legato alla circonferenza ed al cerchio; sì, sì proprio quello della lunghezza della circonferenza C = 2 šr e dell’area del cerchio A = šr2.

Ma quello scarabocchio (š) è un numero?
Prova a prendere una calcolatrice che abbia un tasto con quel simbolo disegnato sopra, in genere una scientifica; premendolo apparirà sul display un valore del tipo 3,14159. Le cifre dopo la virgola sono diverse tra loro e non hanno un ordine, non seguono nessuna legge. Se ora riprovi con un’altra calcolatrice con il display più grande, otterrai lo stesso numero con qualche cifra in più, per esempio 3,141592654, ma niente che possa collegare le prime cifre con quelle che si sono aggiunte.

E allora?
Allora ti sei imbattuta in un numero irrazionale, come lo sono anche il rapporto aureo o la radice quadrata di due, cioè numeri che non potranno essere scritti mai in forma precisa se non attraverso il loro simbolo, in questo caso š, per il rapporto aureo il simbolo è f, per la radice di 2 è ­2


Ed il fatto di essere un numero... come l’hai chiamato? ...irrazionale, che c’entra con la circonferenza?
La presenza di pigreco nelle formule per il calcolo della lunghezza di una circonferenza dice semplicemente che il diametro, 2r, può essere riportato lungo la linea della circonferenza tre volte e qualcosa, ma questo qualcosa 0,14159… non sarà mai un valore netto, preciso.

È tanto importante questa imprecisione?
Pare proprio di sì, se un tentativo di approssimare questo valore lo ritroviamo citato persino nella Bibbia.

Nella Bibbia! Ma che dici?
Nel primo Libro dei Re del Vecchio Testamento (1 Re 7,23) si trova il racconto della costruzione del palazzo di Salomone e precisamente di una vasca “che misurava 10 cubiti da un bordo all’altro: era perfettamente circolare, [...] con una circonferenza di trenta cubiti” che suggerisce come approssimazione di š il valore 3, uguale a quello usato dai Cinesi nel XII sec. a.C.
C’è da dire che tale ricerca ha appassionato grandi matematici di tutte le epoche e di tutte le civiltà. Sto parlando di personaggi come Archimede, Eulero, Fibonacci, Newton, ma anche dei maggiori pensatori arabi e giapponesi, cinesi e indiani, come Aryabhata, un Euclide vissuto nel VI sec d.C.

Ma dai! E chi furono i primi?
Tanto per cambiare furono i saggi babilonesi ed egiziani ad interessarsi di š. Nel Papiro di Rhind, antico testo egiziano risalente al XX secolo a.C. circa, lo scriba Ahmes pone il problema di costruire un quadrato che abbia la stessa area di un cerchio. La soluzione proposta è quella di scegliere il lato del quadrato uguale agli 8/9 del diametro del cerchio, un valore di š=3,1604, buona approssimazione del valore attuale.

Quadrato, cerchio… che idea voler costruire un quadrato con la stessa area di un cerchio! Strani questi Egiziani...
Beh, in realtà il quesito proposto da Ahmes è uno dei tre problemi classici dell’antichità: la quadratura del cerchio.

E cosa sono questi problemi classici dell’antichità?
Sono delle domande matematiche le cui risposte si sono fatte attendere per secoli e non hanno portato a buon fine. I Greci tentarono più volte, e con più esponenti, di risolverli con riga e compasso, considerati i rappresentanti fisici delle figure fondamentali, la linea retta ed il cerchio, sui quali si fonda tutta la geometria classica. Ci sono voluti più di 2200 anni per dire che questi problemi non hanno una soluzione se si deve tener conto della restrizione geometrica di riga e compasso.

Hai detto che sono tre. Gli altri due quali sono?
La trisezione di un angolo e la duplicazione di un cubo. Il primo è la divisione in tre parti uguali di un angolo, prima dell’introduzione delle unità di misura degli angoli e relative operazioni; il secondo è la duplicazione del volume di un cubo, tutto questo prima dell’introduzione del calcolo letterale e delle radici.

Mi hai incuriosito. Qualche matematico greco c’è riuscito a quadrare il cerchio?
Intorno al V secolo a.C. un pitagorico, Ippocrate di Chio, trovò un risultato che fece ben sperare. Questo matematico, rimasto famoso per avere inventato una tecnica di dimostrazione molto acuta “la dimostrazione per assurdo”1, riuscì a quadrare uno spicchio di luna, detta lunula.
Una lunula è la parte colorata in grigio nella figura, racchiusa tra due archi di cerchio che hanno diametri e centri diversi.

E perché è tanto importante?
Era riuscito a trovare l’area di una figura curvilinea uguale a quella di una rettilinea come il triangolo. Fu un grande successo per l’epoca: si pensò che la quadratura del cerchio fosse solo questione di tempo.
Ma non fu così. Qualche secolo più tardi ci provò Archimede (287-212 a.C.), grande matematico siracusano.
È quello dell’Eureka?
Certo, è proprio quello del famoso “Eureka” esclamato quando scoprì che l’acqua esercita una spinta su un corpo in essa immerso, ma fu anche inventore di una lunga serie di macchine da guerra e catapulte, fra cui specchi grazie ai quali incendiò le navi romane che assediavano Siracusa.
Il metodo che adoperò per la ricerca di š era il principio di esaustione, tecnica attribuita ad un altro matematico ritenuto secondo solo ad Archimede stesso, Eudosso di Cnido. Consisteva nel calcolare l’area di un ottagono circoscritto (quello esterno) e di uno inscritto (quello interno) ad un cerchio. L’area del cerchio risulta così compresa tra questi due valori di area. Per aumentare la precisione basta raddoppiare di volta in volta il numero di lati… ed avere una gran pazienza nel fare i calcoli, aggiungerei io.
Archimede arrivò fino ad un poligono di 96 lati ed il valore di š che trovò fu 3,142, esatto fino alla seconda cifra decimale.

96 lati??? Ma perché, cosa cercava?
La speranza era che le cifre si fermassero. Non dimenticare che cercavano un numero finito, lungo quanto vuoi ma che prima o poi finisse.
Pensa che, a partire da Archimede, molti matematici continuarono i calcoli per trovare l’ultima cifra. Nel 1430 Al-Kashi, uno degli ultimi grandi matematici arabi, raggiunse la 16ª cifra decimale esatta; un risultato eccezionale se si pensa che nessun altro ci arrivò prima della fine del XVI sec.
Nel 1621 il poligono del principio d’esaustione arrivò a 1.073.741.824 lati, cioè 230 ed il numero di cifre esatte arrivò fino alla 35ª.

E chi fu questo folle?
Il calcolo si deve a Willebrond Snell, conosciuto per una legge sui raggi luminosi, detta “legge di rifrazione”.
Ma forse non è il caso di continuare, ti vedo già abbastanza sconvolta... Dai, proseguiamo la prossima volta.

- Fine della prima parte -

1 Si tratta di dimostrare un risultato partendo dalla sua negazione, arrivando così a qualcosa che non può essere vero, un assurdo appunto. Per esempio proviamo a dimostrare che 1 + 1 = 2.Supponiamo che non sia vero, cioè 1 + 1 = 5.
Ma 5 = 4 + 1 = 1 + 1. Se tolgo 1 a destra ed a sinistra dell’ultima equazione ottengo che 4 = 1. Assurdo.