Hybrot, il toporobot

Dopo dieci anni di ricerche svolte in California, l’ingegnere biomedico Steve Potter ha messo a punto l’ultima generazione di robots, una combinazione di cellule neuronali di topo collegate ad un microchip. Lo scienziato, che adesso sta continuando le ricerche al Georgia Institute of Technology, coadiuvato da un team d’avanguardia, ha utilizzato duemila cellule del cervello di un topo tenute in vita per due anni in incubatore. Le cellule neuronali sono le più longeve tra tutte le cellule.
Hybrot è il nome attribuito al robot: da Hybrid-robot e la sua caratteristica fondamentale e rivoluzionaria è la capacità di assorbire informazioni dall’esterno attraverso microsensori elettronici e cellule ottiche a raggi infrarossi e di variare il suo comportamento in base all’esperienza immagazzinata. In altre parole, Hybrot è capace di apprendere.
Con questa nuova prerogativa fornita alle macchine verrebbero abbattute quelle barriere che le rendevano inferiori all’uomo.
Le applicazioni di tale pionieristica invenzione sono molteplici, soprattutto in campo sanitario, ma potrebbero scaturire nefasti sviluppi anche in campo militare.
A tal proposito si avverte in campo scientifico un estremo bisogno di regolamentazione etica, di una Carta dei diritti che possa tutelare la società da tentativi di uomini senza scrupoli che utilizzano le loro conoscenze e potenzialità per scopi egoistici, alla maniera dei maghi neri delle leggende medievali.
Come tutte le tecnologie questa invenzione non è di per sé né buona né cattiva; starà al buon senso di scienziati e tecnologi far sì che venga usata per scopi che vadano a vantaggio della collettività. La tecnologia dev’essere pensata sempre come un mezzo in grado di aiutare l’uomo nei suoi sforzi di evoluzione naturale; troppo spesso invece, negli ultimi tempi è diventata lo scopo dell’esistenza di molti rendendola in tal modo fredda e materiale.
Queste ricerche inoltre dimostrano l’innata esigenza dell’uomo di indagare questa affascinante e misteriosa opera che è il cervello.
L’innata saggezza umana ci offre validi aiuti in tal senso, soprattutto nel suggerirci la maniera corretta e rispettosa di approcciare tali studi evitando le spiacevoli conseguenze che, in qualche caso, abbiamo già sperimentato, allorché ci si è avvicinati alla materia come bambini curiosi che rompono il giocattolo solo per vedere cosa c’è dentro.