Numero 26
Ebla, 2400 A.C.
Il più antico dizionario bilingue della storia, finora ritrovato.
Antichissima testimonianza linguistica ed occasione
di riflessione sulle relazioni tra i popoli.
Chi lo avrebbe mai detto che grazie all’intuito di un giovane archeologo italiano e le capacità di un assiriologo di fama mondiale il mondo avrebbe avuto a disposizione una nuova scoperta sensazionale?
Siamo nel 1965 anno in cui la missione archeologica italiana ridà vita ad un’ antichissima città della Mesopotamia: Ebla.
Da uno studio accurato condotto su questi vocabolari si evince la modernità della loro impostazione: oltre al principio acrografico per la registrazione delle voci sumeriche, gli scribi aggiungono - tra la voce sumerica e il corrispondente in eblaita - la pronuncia del lemma sumerico, scritta non logograficamente (tipo di scrittura in cui il singolo elemento rappresenta sia il significante sia il significato; sono logografiche, ad esempio, la scrittura cinese ed il geroglifico egiziano) ma sillabicamente , come oggi troviamo per esempio in un vocabolario di inglese che fornisce accanto alla voce inglese la sua pronuncia. Questa peculiarità ci fa capire la straordinaria importanza dei testi di Ebla, non solo per la conoscenza delle più antiche lingue semitiche, ma anche per lo studio della lingua sumerica stessa.
I “Vocabolari bilingue” ci hanno rivelato la straordinarietà di questa civiltà che già nel 2500 a.C. praticava la ricerca filologica.
Ad oggi questi vocabolari restano i primi vocabolari bilingue della storia, ed agli Eblaiti va il merito di averli creati, e se un giorno verranno scoperti vocabolari più antichi, nessuno toglierà ad Ebla la qualifica di grande centro culturale.
Come ricordava il grande orientalista Gelb: “Ebla ci rivela una nuova storia, una nuova lingua, una nuova civiltà”, sintesi del vero e profondo significato della scoperta italiana.
Con questo scavo, non solo si è recuperata una pagina di storia, si è anche giunti all’origine di tanti fenomeni culturali, sociali e religiosi che hanno pervaso tutte le civiltà posteriori alla Siria.
La storia è maestra di vita, è quindi doveroso chiederci se Ebla ha lasciato un messaggio valido anche per gli uomini di oggi. Tutti gli aspetti della civiltà di Ebla sono stati definiti da eminenti studiosi, come Giovanni Pettinato, moderni: dalla concezione della regalità, alle consuetudini sociali, alle iniziative di carattere economico e commerciale, è un susseguirsi di innovazioni “moderne”.
Ma Ebla ha voluto esplicitamente parlare a tutta l’umanità, quando ha sottolineato il rapporto di fratellanza esistente tra gli abitanti del regno siriano e gli abitanti del Regno elamita. In una lettera inviata al sovrano Hamazi (nell’Iran) troviamo scritto:
«Tu sei mio fratello, e io sono tuo fratello.
A te, uomo-fratello, qualsiasi desiderio che esca dalla tua bocca, io esaudisco, così come tu esaudisci il desiderio che esce dalla mia bocca.
lrkab-Damu, sovrano di Ebla, è fratello di Zizi, sovrano di Hamazi; così come Zizi, sovrano di Hamazi, è fratello di lrkab-Damu, sovrano di Ebla».
Il messaggio rivolto dalla civiltà di Ebla a tutti noi, ma soprattutto ai successori degli eblaiti, abitanti del Libano, Siria e Palestina, è che tutti siamo fratelli, governanti, cittadini, nessuno escluso, e come tali dobbiamo comportarci vivendo gli uni per gli altri.
Eppure della scoperta - tutta italiana - di Ebla ancora non si insegna a scuola!
Esempio quanto mai attuale della difficoltà e lentezza di cambiamento della nostra didattica.
Cristina Scimonello