Numero 25
La Profondità
La Profondità
La nostra società con una parvenza di efficienza ... ci fa correre freneticamente per giungere a nessun approdo.
Siamo passati dalla clessidra all’orologio con i suoi minuti e i suoi secondi, frazionando il tempo ci siamo illusi di avere più tempo, l’orologio in realtà ha donato all’uomo un tempo inafferrabile che sfugge, per arrivare a sentire dire, sempre più spesso, <<non ho tempo>>. Solitamente non si ha tempo per vivere le cose che contano e che hanno un certo valore con intensità, perché si sta sempre correndo per approdare alla fine della giornata davanti ad un televisore che, il più delle volte, appena acceso di riflesso spegne le capacità cognitive nell’uomo. Il cervello funziona con tutti i suoi impulsi ma la mente, che riflette che analizza che approfondisce, ne è scollegata.
La velocità produce la forza centrifuga, una forza che proietta verso l’esterno … verso la superficie e la nostra società ove tutto è più veloce, oltre a rubarci il tempo ci ha resi superficiali allontanandoci inesorabilmente dal centro di noi stessi.
La profondità ha bisogno di tempo, del suo tempo, che la società consumistica non ci dà più, non perché si ha meno tempo ma perché la società moderna ci vuole dinamici, ci vuole al passo coi tempi, ci vuole consumistici e superficiali perché vi è uno stretto legame tra i due, se non fossimo superficiali non avremmo bisogno di consumare tanto. Il consumo frenetico che regge la nostra economia non vuole individui coscienti e consapevoli, non vuole che si rifletta ma che si agisca d’impulso che si agisca spinti dall’emozione (e- mozione = mossi verso l’esterno) e si segua ciò che piace e non ciò che è valido perché così ha deciso la pubblicità che regge la nostra economia.
Abituati ad agire d’impulso negli acquisti trasferiamo tale comportamento anche nei rapporti con gli altri e nel dialogo con noi stessi.
Ci si ritrova alla superficie nei rapporti sociali, e questo conduce ad avere legami meno stabili, legami saltuari che durano finché non si trova qualcosa di nuovo, di più entusiasmante e questo spazia dalle amicizie ai rapporti di coppia (stavo per usare il termine legami). Internet permette di avere centinaia di amici e fa dimenticare il vero amico, confondendo la quantità con la qualità.
Si resta in superficie nei rapporti con il sacro, dove si cerca il vantaggio di un miracolo per se o per i propri cari, una risposta ad una preghiera, o ci si limita ad interessi per casi sensazionalistici e puramente fenomenologici, dimentichi della mistica profonda contatto con il mistero più profondo con tutta l’anima.
Si resta in superficie nel rapporto con se stessi. Quanti termini abbiamo per la tecnologia, ogni funzione, ogni parte del computer ha il suo nome e non ci rendiamo conto che abbiamo solo poche parole per definire le sfumature delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti, questo non solo non ci permette di esprimere ciò che proviamo ma soprattutto non ci permette di capire ciò che sentiamo e saper dare un valore.
La velocità delle notizie, dei rapporti ci porta alla superficie e a essere superficiali. Ogni generazione diventa più superficiale della precedente perché nella trasmissione di valori si riesce a trasferire meno, qualcosa si perde sempre nel passaggio quando non si è saldi, ma si è distratti.
In una ruota, tutto ruota intorno al centro, è il vero punto fondamentale, provate a spostare il centro e non funziona più, il centro è immobile.
Andare in profondità vuol dire andare in fondo alle cose. Per andare in fondo alle questioni, ai rapporti umani bisogna iniziare con l’andare in fondo a se stessi.
È come in un cono, più si va verso l’interno, più si arriva in alto. Più si va in profondità più si ritrova il cielo.
La corsa ci porta verso il nulla, la velocità trascina anche la profondità in superficie e oggi si è “superficialmente profondi”, si è profondi per alcuni momenti o in apparenza, si fa yoga, si seguono arti marziali, centri mistici e religiosi etc. Tutto ciò ci aiuta solo a momenti ma non si realizzano cambiamenti reali e positivi che ci aiutano a vivere in profondità la vita.
Essere superficiale è prendere le cose alla leggera, essere profondo è penetrare all’interno, è capire che la vita ha un senso e dare un senso alla vita.
Si sa, un seme per mettere radici ha bisogno di stare sotto se rimane in superficie, sarà facilmente rapito dal primo volatile che vi passi vicino.
Forse bisogna saper fare silenzio. Ci siamo chiesti perché quando soffriamo, ci chiudiamo in noi stessi? È per permettere di andare in profondità, per permettere di capire la causa della sofferenza. Ma quanti ne sono capaci? Se non siamo abituati a riflettere a fare silenzio dentro di noi, a cercare il senso della vita sarà la vita stessa a portarci, tramite la sofferenza, a fare introspezione, a fermarci un poco. A noi la scelta.
Perché io non son Io Odo vedo sento … questo tormento perché io non son Io Quando Ti raggiungo esplodi nel petto e nelle vesti di ora mi sento stretto, dal profondo irrompe esta potenza che trascende l’effimere esistenza. Sì certo ti conosco … e ti comprendo mi appari e poi ti vado perdendo, ciò che nel sogno appare evidente chi appena sveglio ora l’intende. La rada nebbia colgo con la mano ma la fugace la trattengo invano, il quotidiano chiama senza indugi perdo e mi perdo vita che mi sfuggi. Odo vedo sento … questo tormento perché io non son Io |
Fausto Lionti
La nostra società con una parvenza di efficienza ... ci fa correre freneticamente per giungere a nessun approdo.
Siamo passati dalla clessidra all’orologio con i suoi minuti e i suoi secondi, frazionando il tempo ci siamo illusi di avere più tempo, l’orologio in realtà ha donato all’uomo un tempo inafferrabile che sfugge, per arrivare a sentire dire, sempre più spesso, <<non ho tempo>>. Solitamente non si ha tempo per vivere le cose che contano e che hanno un certo valore con intensità, perché si sta sempre correndo per approdare alla fine della giornata davanti ad un televisore che, il più delle volte, appena acceso di riflesso spegne le capacità cognitive nell’uomo. Il cervello funziona con tutti i suoi impulsi ma la mente, che riflette che analizza che approfondisce, ne è scollegata.
La velocità produce la forza centrifuga, una forza che proietta verso l’esterno … verso la superficie e la nostra società ove tutto è più veloce, oltre a rubarci il tempo ci ha resi superficiali allontanandoci inesorabilmente dal centro di noi stessi.
La profondità ha bisogno di tempo, del suo tempo, che la società consumistica non ci dà più, non perché si ha meno tempo ma perché la società moderna ci vuole dinamici, ci vuole al passo coi tempi, ci vuole consumistici e superficiali perché vi è uno stretto legame tra i due, se non fossimo superficiali non avremmo bisogno di consumare tanto. Il consumo frenetico che regge la nostra economia non vuole individui coscienti e consapevoli, non vuole che si rifletta ma che si agisca d’impulso che si agisca spinti dall’emozione (e- mozione = mossi verso l’esterno) e si segua ciò che piace e non ciò che è valido perché così ha deciso la pubblicità che regge la nostra economia.
Abituati ad agire d’impulso negli acquisti trasferiamo tale comportamento anche nei rapporti con gli altri e nel dialogo con noi stessi.
Ci si ritrova alla superficie nei rapporti sociali, e questo conduce ad avere legami meno stabili, legami saltuari che durano finché non si trova qualcosa di nuovo, di più entusiasmante e questo spazia dalle amicizie ai rapporti di coppia (stavo per usare il termine legami). Internet permette di avere centinaia di amici e fa dimenticare il vero amico, confondendo la quantità con la qualità.
Si resta in superficie nei rapporti con il sacro, dove si cerca il vantaggio di un miracolo per se o per i propri cari, una risposta ad una preghiera, o ci si limita ad interessi per casi sensazionalistici e puramente fenomenologici, dimentichi della mistica profonda contatto con il mistero più profondo con tutta l’anima.
Si resta in superficie nel rapporto con se stessi. Quanti termini abbiamo per la tecnologia, ogni funzione, ogni parte del computer ha il suo nome e non ci rendiamo conto che abbiamo solo poche parole per definire le sfumature delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti, questo non solo non ci permette di esprimere ciò che proviamo ma soprattutto non ci permette di capire ciò che sentiamo e saper dare un valore.
La velocità delle notizie, dei rapporti ci porta alla superficie e a essere superficiali. Ogni generazione diventa più superficiale della precedente perché nella trasmissione di valori si riesce a trasferire meno, qualcosa si perde sempre nel passaggio quando non si è saldi, ma si è distratti.
In una ruota, tutto ruota intorno al centro, è il vero punto fondamentale, provate a spostare il centro e non funziona più, il centro è immobile.
Andare in profondità vuol dire andare in fondo alle cose. Per andare in fondo alle questioni, ai rapporti umani bisogna iniziare con l’andare in fondo a se stessi.
È come in un cono, più si va verso l’interno, più si arriva in alto. Più si va in profondità più si ritrova il cielo.
La corsa ci porta verso il nulla, la velocità trascina anche la profondità in superficie e oggi si è “superficialmente profondi”, si è profondi per alcuni momenti o in apparenza, si fa yoga, si seguono arti marziali, centri mistici e religiosi etc. Tutto ciò ci aiuta solo a momenti ma non si realizzano cambiamenti reali e positivi che ci aiutano a vivere in profondità la vita.
Essere superficiale è prendere le cose alla leggera, essere profondo è penetrare all’interno, è capire che la vita ha un senso e dare un senso alla vita.
Si sa, un seme per mettere radici ha bisogno di stare sotto se rimane in superficie, sarà facilmente rapito dal primo volatile che vi passi vicino.
Forse bisogna saper fare silenzio. Ci siamo chiesti perché quando soffriamo, ci chiudiamo in noi stessi? È per permettere di andare in profondità, per permettere di capire la causa della sofferenza. Ma quanti ne sono capaci? Se non siamo abituati a riflettere a fare silenzio dentro di noi, a cercare il senso della vita sarà la vita stessa a portarci, tramite la sofferenza, a fare introspezione, a fermarci un poco. A noi la scelta.
Fausto Lionti