Sulle orme del popolo dei vincitori, i Veneti

Dalle pagine di un romanzo storico, La Voce della Dea di Federico Moro, nasce l’interesse per la cultura dei Veneti.
L’autore traccia il loro ritratto in maniera così profonda ed accattivante che leggiamo la vicenda tutta d’un fiato. Quegli uomini che sono parte della nostra Storia vivono un’avventura non facile, si trovano in situazioni e con problematiche da risolvere che non sono poi così distanti da quelle odierne: la lotta per riconquistare la propria terra affinché regnino la libertà e la giustizia; la volontà di riaffermare la propria identità,

ma soprattutto la lotta interna per risvegliare le virtù insite nell’uomo di ieri e di oggi quali il coraggio, l’onore, l’onestà, il senso di unione che, messo in pratica per uno stesso fine conduce alla vittoria.
Federico Moro, nato a Padova, vive e lavora a Venezia; ha scritto, oltre a racconti e liriche, diversi romanzi sempre ambientati nella sua regione e si è cimentato, ancora una volta brillantemente, nel romanzo storico.

Perché ha scelto questo tipo di trasmissione per recuperare l’identità del popolo dei Veneti?
La voce della Dea non è nato con l’intenzione di raccontare gli antichi Veneti, ma il romanzo, anche se documentato con precisione sotto il profilo storico, geografico e ambientale, racconta una vicenda destinata a lettori di oggi… i caratteri dei personaggi, lo svolgersi della vicenda ed i contenuti sono tutti orientati al presente. L’autore si rivolge a un pubblico che pensa e agisce adesso; sarebbe un non-senso assoluto “ripescare” dall’oblio un pezzo di archeologia semplicemente per raccontare di civiltà scomparse, credo che lo scopo della letteratura sia un altro…
Quanto al discorso dell’identità, riflettiamo bene sul termine. Io definisco l’identità come insieme di valori ed esperienze che divengono i cardini del singolo individuo e di una comunità: valori ed esperienze diventano importanti se influiscono sulla dimensione quotidiana dei singoli, spingendoli a riflettere e a modificare le loro scelte. La voce della Dea, in tal senso, è un romanzo sull’identità, perché la sua dimensione etica rappresenta il nucleo del libro e la vera ragione per cui è stato scritto facendolo diventare il primo tassello di un mosaico più complesso, visto che ha lasciato la tipografia la seconda parte delle avventure degli antichi Veneti, vale a dire La custode dei segreti e che è già in cantiere la terza, dal titolo L’eredità perduta… così che qualcuno comincia a parlare di saga o “ciclo Veneto”.

Ha deciso di dare lezioni di storia sui Veneti ai giovani nelle scuole; che valore ha insegnare ai giovani la Storia?
I giovani sono colpiti soprattutto dai contenuti, prima che dallo stile e dalle ambientazioni. Queste ultime incuriosiscono e poi sono un seme gettato in un fervido solco; a suo tempo, poi, hanno rappresentato una novità assoluta in quanto La voce della Dea è stata la prima opera di narrativa mai scritta con soggetto gli antichi Veneti e ha dato vita a un piccolo filone, visto che ha prodotto diverse imitazioni. Quanto alla Storia, si tratta del racconto del nostro passato: l’identità di ognuno si fonda sull’esperienza, quindi sapere da dove veniamo è indispensabile per capire chi siamo.

Quali sono i valori che ha voluto trasmettere loro?
Libertà, giustizia e necessità di agire, quelli che io chiamo i “valori intangibili”, non suscettibili di alcun cedimento, trattativa o discussione, i fondamenti dell’identità individuale e collettiva… o che vorrei lo fossero … partendo da un assunto, altrettanto “fondante”: ognuno di noi, in quanto vive, è, vale e deve poter volere. Perché la coscienza di sé diventa il primo mattone della felicità, chiave di volta di società costruite “per” l’uomo e di ogni interpretazione della sua, per molti versi misteriosa, avventura esistenziale.