Il fumetto al cinema - immagini e parole

Il prossimo ad uscire sarà I Fantastici Quattro, reinterpretazione contemporanea di un classico del fumetto americano, fenomeno a cui negli ultimi anni abbiamo avuto modo di abituarci. Dal Superman che ha reso famoso Christopher Reeve ad oggi, molti sono i supereroi, tipicamente americani, che hanno subìto, tra molte polemiche ed ottimi incassi, il trattamento di restyling necessario a renderli personaggi cinematografici.
Ma cosa ci porta, a decenni dalla loro nascita ed in un’epoca tutt’altro che di successo per il fumetto, a vedere il mondo del cinema invaso da improbabili uomini in calzamaglia, dotati di non più credibili superpoteri e dediti, con un’integrità d’altri tempi, alla difesa del Bene?
Fondamentale è stato, senza dubbio, il ruolo della tecnologia: l’evoluzione degli effetti speciali e della computer grafica si è rivelata strumento fondamentale per ricostruire scenari fantastici e posizioni atipiche che, altrimenti, sarebbe stato troppo costoso realizzare. Fino a pochi anni fa, ad esempio, solo l’animazione aveva permesso di riprodurre i movimenti complessi che caratterizzano l’Uomo Ragno. Grazie alla passione di Sam Raimi, regista di “Spider Man”, ed all’uso massiccio del computer e del wire work (un sistema di fili che sospende l’attore nello spazio e gli permette evoluzioni al limite della forza di gravità), gli appassionati del personaggio hanno potuto godersi una riduzione cinematografica capace di rappresentarne tutte le caratteristiche fisiche, psicologiche ed iconografiche, sebbene non perfettamente fedele all’originale dal punto di vista narrativo. Altrettanto interessante è la rappresentazione delle percezioni di Daredevil, divenuto cieco a seguito di un incidente ed arricchitosi di una particolare acuità degli altri sensi: volti e volumi vengono letteralmente “disegnati” dai suoni, mentre le scene di combattimento, coreografate da Yuen Cheung-Yan (Charlie’s Angels, The Matrix Reloaded) rendono piuttosto bene l’idea di uno spazio non visibile, eppure ben noto.
Non secondaria è stata la possibilità, da parte delle case di produzione, di poter contare su spettatori, ormai non più adolescenti, affezionati ai personaggi ed interessati al prodotto filmico e su autori appassionati del genere e, quindi, capaci di rappresentare quegli eroi entrando in sintonia con il pubblico. Esemplare, da questo punto di vista, è il Batman di Tim Burton, rappresentazione magistrale delle versioni più cupe e psicologicamente complesse del personaggio. Il successo consacra immediatamente il film al culto e ne nasce una serie di sequel non altrettanto validi, ad eccezione dell’ultimo, Batman Begins, per la regia di Christopher Nolan (Memento, Insomnia), che racconta le origini ninja dell’eroe mascherato, il primo a trovare l’origine della propria grandezza solo nelle sue forze (volontà e denaro), e non in cause esterne quali le onnipresenti “radiazioni”.
A facilitare la trasposizione dei personaggi è intervenuto, inoltre, il processo di riscrittura dei personaggi, attuato a partire dal 1986. Gli sceneggiatori dei fumetti, primo tra tutti Frank Miller, hanno tentato di adattare questi personaggi semplici ed integerrimi ad un pubblico meno ingenuo e più adulto, donando ai supereroi un passato traumatico ed una più realistica complessità psicologica. Grazie a questo imponente lavoro è stato possibile recuperare l’attenzione delle nuove generazioni e gettare le basi per una trasposizione cinematografica convincente per le fasce d’età più adulte. Proprio Batman Begins si avvale di uno dei testi prodotti da quella rivoluzione, dando una delle interpretazioni più interessanti del personaggio e della sua tormentata doppia identità.
I supereroi dei fumetti americani sono frutto prevalentemente della cultura popolare degli anni Trenta e Cinquanta, espressione delle necessità di un paese già grande eppure ancora in crescita, tanto potente nel mondo quanto debole, variegato ed ingenuo al suo interno, bisognoso di creare fiducia nello Stato e, allo stesso tempo, metabolizzare le crescenti paure della sua popolazione. È interessante tornare a vederli protagonisti dell’intrattenimento in un’epoca di difficoltà economiche, ma anche di crisi dei valori e dell’identità individuale e culturale.
Torna con loro la rappresentazione della grande città, per lo più un’astrazione della New York torreggiante ed imponente nei suoi grattacieli, infida e sordida nei suoi bassifondi, quasi a simboleggiare che è su quell’insieme di povertà e malavita che la città stessa si fonda. L’ambientazione cronologica, indefinita, mescola suggestioni fantascientifiche a reminiscenze anni Trenta, epoca d’origine del genere. I personaggi, inconfondibili, rappresentano la netta opposizione tra il Bene ed il Male, tra i valori di integrità, fedeltà e dedizione e le forme più fantasiose di criminalità, inscindibili da un crudele sadismo capace di trovare solo in se stesso il proprio motivo d’essere.
Le loro origini non sono altro che la rilettura, blandamente catartica, ma significativa, delle paure dell’epoca: alieni, radiazioni, mutazioni genetiche, traumi infantili trovano nei vari Superman, Daredevil, Wolverine, Batman la loro evoluzione positiva e nei loro nemici il triste frutto della “cattiva strada”.
Cosa ne resta oggi, sugli schermi, dietro i voli e le esplosioni? Cosa, ancora, sanno dirci e cosa siamo in grado di recepire? È forse l’ennesima espressione della carenza di idee valide ed originali degli sceneggiatori hollywoodiani? A noi piace credere che, piuttosto, sia rappresentazione del senso civico che si fa eccezione e valore individuale in una società scissa ed incapace di percepire se stessa, quella stessa società che trova nel volontariato, fenomeno in costante crescita, la risposta all’inefficienza istituzionale e nel supereroe la sublimazione della sua quotidianità.