Barletta, I cavalieri della disfida vivono dentro ognuno di noi…

È un bel pomeriggio d’estate e finalmente, senza la compagnia vigile di uno dei miei tanti cugini, mi è stato permesso di andare da sola presso altri cugini che abitano al centro del paese. Che emozione camminare per queste piccole stradine fatte di pietre bianche, costeggiate di case antiche che trasudano storia; ecco l’arco che mi fa entrare nella grande piazza dove troneggia la grande statua detta “Colosso Eraclio” . Ma il passaggio è occupato da un cavallo posizionato di traverso e ricoperto a metà da tanta schiuma; un ragazzino, scalzo e canterino, lo sta lavando; accanto a lui un secchio ed una scatola di “Omo”, un detersivo da bucato… Mio nonno, allevatore di cavalli in questa zona ne sarebbe inorridito…
Questo ricordo è rimasto così vivido nella mia memoria che quando penso a Barletta riaffiora immediatamente. Adesso trattengo fissa quell’immagine e, sulla scia dei racconti degli anziani, l’immaginazione mi trasporta in altri tempi…
… Intorno a me si aggirano tanti cavalieri, con le uniformi dai diversi colori, ed i loro scudieri, indaffarati attorno ai cavalli ed alle armi dei loro padroni. I suoni sono quelli di diverse lingue, lo spagnolo, il francese e il dialetto del posto. Si stanno tutti preparando per la grande sfida.
In questi luoghi teatro di accordi segreti per la spartizione di Puglia, Campania, Abruzzi e Calabria, Barletta è proprio l’epicentro dei tanti scontri tra Francesi e Spagnoli.
È stato ieri sera che i cavalieri spagnoli, finalmente vincitori di una delle tante scaramucce, hanno preso prigionieri numerosi cavalieri francesi; addirittura tra di loro c’è Monsieur De La Motte.
Nella cantina del palazzo di una nobile famiglia locale, sfrattata per insediarvi il loro quartier generale, hanno organizzato un banchetto a cui erano stati invitati anche i prigionieri francesi.
Che tempi! L’onore ed il rispetto tra vinti e vincitori erano ancora salvi!
Mentre si parla di fatti d’arme nella Cantina del Sole o Osteria del Veleno (così vuole la tradizione), La Motte accusa di codardia gli Italiani. Inigo Lopez y Ayala, prode condottiero spagnolo, difende con veemenza i suoi alleati italiani tanto che lancia una sfida agli accusatori. La notizia si sparge come un fulmine e il guanto viene raccolto dal nobile capitano di ventura Ettore Fieramosca da Capua. È il 15 gennaio 1503.
Dall’indomani iniziano i preparativi per la grande sfida. Fieramosca e La Motte si scambiano lettere per predisporre i dettagli: saranno versate cento corone per il riscatto dei prigionieri; il numero degli sfidanti è fissato in tredici cavalieri con due ostaggi per parte; i testimoni sono quattro giudici e sedici cavalieri; il campo di battaglia sarà in territorio neutro, la Contrada Sant’Elia, tra Andria e Corato, territorio appartenente a Trani che è sotto la giurisdizione di Venezia. Il 13 febbraio è la data fissata per la sfida.
… Ecco gli schieramenti pronti ad entrare in duello. La compagine italiana è formata dai più validi e coraggiosi cavalieri italiani scelti da Prospero e Fabrizio Colonna. Alla loro testa, Ettore Fieramosca, fiero ed austero; secondo l’antica tradizione riceve ed indossa sulle armi un simbolo da una dama: è una sciarpa azzurra, dono di Isabella d’Aragona. I cavalieri tutti, dopo il discorso del loro comandante, all’unisono giurano di difendere il proprio onore e quello della loro terra a costo della vita. Mantengono fede al loro giuramento sconfiggendo, nel primo pomeriggio, l’arroganza dei Francesi.
Fieramosca dà prova della sua lealtà al codice cavalleresco: non finisce il suo avversario, che è stato disarcionato, ma scende da cavallo e combatte a piedi, come lui, fino ad infliggergli il colpo di grazia.
Grande è la gioia di tutta la città: oltre a fuochi e feste si porta in processione la Madonna dell’Assunta, alla quale tutti avevano rivolto una preghiera per la salvezza dei loro eroi: è chiamata la Madonna della Sfida. Troneggia ancora oggi all’interno della cattedrale dove fu collocata fin dal 1300.
Nel porto, stracolmo di navi mercantili, si fanno fuochi; al vicino mercato, tra la folla si distinguono i nobili di Barletta e grandi personaggi ed inviati di Venezia, di Trieste, di Ragusa, i commessi di Piero de’ Medici ed i mercanti di ogni regione. È il popolo italiano unito da questa vittoria, che festeggia non solo i suoi eroi, ma il sogno di uno Stato unito e libero da tutti gli invasori stranieri: sì, un sogno che profuma di virtù che primeggia sui meschini interessi.
Questi tredici prodi cavalieri hanno trovato il coraggio per combattere in nome dell’onore oltraggiato; hanno riscoperto cosa è la dedizione verso la propria terra ed il suo popolo, il coraggio di difenderla e di difendere i propri fratelli, il sacrificio della propria vita in nome di altri. È l’ideale di Patria, sogno, allora; oggi, realtà che, purtroppo, a volte disdegniamo non sentendoci parte di essa.
Quante altre virtù emergono da questo piccolo episodio della nostra Storia, virtù che sono dentro ognuno di noi: lealtà, generosità, vittoria...