Dialetti d’Italia

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Dialetti d’Italia


Stiamo assistendo negli ultimi anni in Italia ad una interessante rivalutazione dei numerosi dialetti che fanno del Belpaese la nazione linguisticamente più varia d’Europa. A favorire questo primato è la storia d’Italia che ha visto lo Stivale raggiungere l’Unità solo nella seconda metà del diciannovesimo secolo. Ed è proprio da uno dei tanti dialetti o varietà cosiddette volgari, il fiorentino, che nasce l’italiano, favorito in questa scelta da vari fattori, primo fra tutti l’apporto letterario nel Trecento delle Tre Corone, ovvero Dante, Petrarca e Boccaccio e non ultima la preminenza di Firenze all’epoca in campo economico e politico.

Ma l’aver scelto la varietà che avrebbe dato vita alla lingua italiana non fu sufficiente a far si che questa si diffondesse con facilità, basti pensare che nel 1861, anno dell’Unità d’Italia, il primo censimento ufficiale registrava il 78% degli analfabeti e la percentuale degli italiani che conosceva l’italiano non arrivava al 2,5%.

In seguito, le migrazioni interne, la seconda rivoluzione industriale, l’urbanesimo, la scuola dell’obbligo e la stampa contribuirono alla diffusione dell’italiano. In questo tormentato e lungo processo di identificazione linguistica dell’Italia, i dialetti sono stati spesso giudicati un grosso ostacolo per l’acquisizione della lingua unitaria, il loro uso era proibito nella scuole e spesso anche i genitori sceglievano di non insegnare il dialetto ai loro figli, essendo considerato la lingua degli strati sociali più bassi e spesso disprezzato in quanto tale. Grazie all’ormai consolidata diffusione della lingua italiana in tutta la penisola, compiutasi del tutto negli anni ’80 e ’90, il rapporto tra italiano e dialetti è ormai sCartina dei dialetti italianitabilizzato e questi ultimi vengono adesso considerati un patrimonio da difendere e da rivalutare tramite il teatro, la letteratura e si inizia a proporne l’introduzione tra le materie di studio nella Scuola, essendo il dialetto un sistema linguistico autonomo rispetto alla lingua nazionale, testimone della storia e delle tradizioni di un popolo.

Ma quanti dialetti esistono in Italia? Difficile farne una stima. Vi sono 3 aree principali, ovvero l’area dialettale settentrionale, quella centrale e la meridionale, a loro volta divise in vari gruppi: gallo-italici (lombardo, piemontese, ligure, emiliano-romagnolo); veneti; friulani; toscani; mediani (laziale settentrionale, umbro centro-settentrionale, marchigiano centrale); meridionale (laziale centro-meridionale, umbro meridionale; marchigiano meridionale, abruzzese, molisano, pugliese, campano, lucano e calabrese settentrionale); meridionale estremo (calabrese centro-meridionale, salentino e siciliano) e sardo.

In questa situazione di bilinguismo tante parole dei dialetti sono entrate nell’italiano, più o meno adattate, soprattutto nella gastronomia: tiramisù ad esempio arriva dal Veneto; agnolotti, fonduta e gianduia dal Piemontese; pesto dal Genovese; risotto,  panettone e mascarpone dal Lombardo; tagliatelle, tortellini e piadina dall’Emiliano-Romagnolo; abbacchio, fettuccine e rigatoni dal Romanesco; pizza, mozzarella e fusilli dal Napoletano; cassata, tarocco e cannolo dal Siciliano. Numerosi anche i modi di dire che l’italiano riceve dai dialetti, ad esempio da quelli settentrionali arrivano “essere una mezza calzetta, far ridere i polli e morire e nascere come la camicia”; dai quelli del Centro-Italia “fare il finto tonto, scapparci il morto e fare una pennichella” e dai meridionali “cose da pazzi, su questo non ci piove, fare una rimpatriata”.

Come si può immaginare, vi è anche un fenomeno grazie al quale i dialetti si italianizzano, di conseguenza il dialetto parlato da un giovane oggi è un po’ diverso da quello dei suoi genitori e molto diverso da quello dei suoi nonni; parole e suoni cambiano e i nuovi termini provenienti anche dalle lingue straniere entrano modificandosi e adattandosi nei dialetti.

Esistono inoltre in Italia delle comunità che utilizzano lingue diverse da quelle in uso nel posto in cui vivono e sono le cosiddette parlate alloglotte, come le francoprovenzali in provincia di Torino e in Valle d’Aosta, le sud-tirolesi in provincia di Bolzano, le slovene a Udine, Gorizie e Trieste, le ladine nelle valli dolomitiche e altre ancora.

Lingue e dialetti italiani costituiscono sicuramente una ricchezza culturale da preservare.


Lucia Sinnona

 

 

BIBLIOGRAFIA

Dalle parole ai dizionari di Marcello Aprile – Editore “Il Mulino”

Introduzione alla linguistica italiana di A.A. Sobrero e A. Miglietta – Editori Laterza

Un volo nell’azzurro di Patrizia Bacci e Rafael Pèrez – Panozzo Editore

La terza Fase di Raffaele Simone – Editori Laterza