Guardare alla scrittura: cosa si cela dietro la grafia?

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Certamente, ci saremo trovati almeno una volta a guardare incuriositi una firma o un foglio d'appunti chiedendoci cosa mai si nasconde dietro la maniera tutta personale di scrivere o di scarabocchiare, cosa mai rappresenteranno le innumerevoli differenze tra una grafia e l'altra e se mai possa essere possibile conoscere qualcosa dell'altro guardando proprio alla maniera di adoperare carta e penna. Se queste curiosità anni addietro hanno intrattenuto numerosi intellettuali nei salotti letterari dell'epoca ed animato i loro dibattiti, da qualche tempo si sono riversate in una vera e propria scienza che, sotto l'effigie della “grafologia” sta divenendo un importante strumento per la conoscenza della mano che scrive e che, inconsapevolmente, parla di sé... anche sotto forma di simboli grafici.

Già Goethe, che si dice appassionato collezionista di autografi, affermò: “non esiste alcun dubbio che la scrittura abbia un rapporto con il carattere e l'intelligenza”. Di fatto, anche nei nostri giorni, e soprattutto ad eco della più triste cronaca, si nota come l'analisi della grafie e la lettura psicologica della scrittura sia veramente in grado di parlare del suo autore.
Cosa si nasconde, allora, dietro la scrittura? Perché ogni grafia acquista una sua originalità e, ancor più, cosa possiamo comprendere, anche di noi stessi, per placare la più grande ed ancestrale delle curiosità: conoscere di più noi stessi?
Nulla si fa per caso. Questo è forse il principale dogma che lega l'uomo alla sua creatività, a tutto quello che genera e produce. Anche la scrittura, essendo una produzione intimamente creativa per ciascun uomo, diventa specchio di tutto quello che il suo creatore vive e pensa. Entrare dentro i suoi ghirigori trasporta dentro l'affascinante terra dei misteri umani e, di conseguenza, lì dove è possibile incontrare se stessi.
La scienza grafologica, che nasce da intuizioni e da attente ricerche lunghe centinaia d'anni, non si nasconde, certamente, dietro palle di cristallo o tarocchi - come ahimé si pensava centinaia d'anni addietro - ma investiga con rinomata scientificità i rapporti tra segni grafici e contenuti psicologici. Il fascino è conseguente. Ogni forma, ogni movimento, ogni tratto lasciato sul bianco della carta diventa un prodotto dotato di vita propria, capace di evidenziare i propri percorsi più intimi e, anche nello spazio di pochi giorni, mostrare i propri cambiamenti interiori, magari in segni grafici nuovi o mutati che mai nascono per casualità. Ci siamo accorti di come la nostra grafia cambi con il nostro umore, con le esperienze vissute, o attraversando un certo periodo... magari avremo vissuto un'epoca di lettere morbide o tondeggianti, per passare dopo a grafie più rigide, magari pungenti o chiuse che rappresentano un'altra “epoca”, un altro momento. È un caso? Può, invece, la grafia raccontarci cosa ci accade nel cuore o, ancora, come poter capire di più i nostri più piccoli movimenti interiori?
Comprendere la scrittura non è un “gioco” da rotocalchi o da semplicistiche rubriche di psicologia. Molti sono stati gli studiosi che hanno dedicato numerosissimi anni a questo delicato studio, raccogliendo migliaia e migliaia di grafie e “storie” che sono state in grado di rappresentare, passo dopo passo, una vera e propria scienza che tanto promette allo studio della personalità e della sua espressione.
La scrittura “vive” e, perché possa essere capita per quella che è, richiede una grande attenzione e profondità: quanto è grande? Quanto è piccola? Dove si inclina? Che direzione prende? Quanta pressione porta con sé? Che forme disegna? Sono tondeggianti? Rigide? Ci sono punte lanciate? Ci sono archi, ghirlande, nodi? È una scrittura lenta, veloce, trattenuta, lanciata? Insomma, che “carattere” ha la scrittura? Tutti i “segreti” della grafia diventano i nostri segreti, quelle cose che, forse, non riusciamo a dirci ma con le quali è importante confrontarci...
Emozioni, pensieri, energie vengono trasportate dalla penna: una scrittura che si muove, che salta tra le righe, così come una più statica e regolare parlano di due diverse emotività; una scrittura lenta, più dubbiosa così come una precipitata, quasi in corsa contro il tempo descrivono due energie attuative differenti; scritture piccole, delicate, ravvicinate così come quelle ampie, abbondanti esprimono maniere differenti di “vestire se stessi”.
E se provassimo a guardare la nostra? Chiediamoci di quale vita parla e, semmai ne avessimo sentore, proviamo a dare alla nostra grafia un “respiro” che si tramandi alla nostra vita perché se è vero che la grafia è vita, darle attenzione vuol dire trovare il tempo per fermarsi e stare a guardarsi. Impegno, questo, che non dovrebbe mancare mai.