Il genio di Mozart

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Un’infanzia da bambino prodigio, un apprendere che sembra più un ricordare, le innovazioni e la sublime bellezza delle sue composizioni, hanno da sempre suscitato l’ammirazione dei più grandi. Per Goethe “…un’apparizione come quella di Mozart resterà sempre un miracolo che non sarà mai spiegato”; e mentre Haydn lo riconobbe come il più grande compositore di cui avesse mai sentito parlare, altri lo paragonarono a Raffaello o Shakespeare.
Ma la genialità di Mozart è provata soprattutto dall’aver vinto il nemico più tenace della mediocrità: il tempo! Nel 250° anniversario della sua nascita, Mozart è universalmente apprezzato e considerato un’icona, ma soprattutto occupa uno spazio in ognuno dei nostri cuori, intenditori e non. Perché anche coloro che credono di non conoscerne altro che il nome, si stupirebbero ad intonare una delle innumerevoli melodie mozartiane, come fosse una familiare canzonetta!
Nacque a Salisburgo il 27 gennaio 1756. Il primo linguaggio che comprese fu la musica. A sei anni scrisse il suo primo concerto per clavicembalo, quasi indecifrabile fra le macchie d’inchiostro procurate dal maldestro utilizzo della penna. Come bambino prodigio fu portato in giro per l’Europa. Suonò in tutte le corti e conobbe nobili e sovrani.
Una volta famoso abbandonò il ritmo frenetico di composizione ed esecuzione di concerti per dedicarsi all’opera. Al culmine del successo Mozart non voleva più scendere a compromessi; aveva definitivamente rifugito l’atmosfera circense delle esibizioni col panno sulla tastiera, o delle melodie facilmente orecchiabili, di semplice esecuzione e facile consumo… consapevole della propria grandezza si rifiutò di comporre per guadagnare. Il grande pubblico non lo comprese e lo abbandonò!
L’imperatore Giuseppe II lo rimproverò: “Troppo bello per le nostre orecchie e davvero tante note, troppe mio caro Mozart!”, “Esattamente quante ne occorrono, Maestà”. L’accettazione delle innovazioni mozartiane fu un processo lento. Poco più tardi, Beethoven dirà al suo giovane allievo Czerny “Mozart voleva dire al mondo: Guardate cosa potrei fare se voi foste pronti!”.
Il suo ultimo capolavoro, l’incompleto Requiem, lo vide comporre sino all’ultimo momento; morì a Vienna il 5 dicembre 1791.
Il suo stile è “classico” per eccellenza, intendendo così indicare la sua opera come modello di riferimento, cui tendere ed aspirare. In lui il soggettivo lascia il passo all’oggettivo; le sue opere non sono l’espressione di una personalità, bensì manifestazione di Leggi Universali.
La sua musica è bella perché è matematica, rispetta cioè le Leggi della Natura e produce benessere, e catarsi, e guarigione perché è come se l’Anima ne riconoscesse la struttura, come qualcosa di familiare…
Secondo la filosofia tradizionale, i numeri sono la radice metafisica del mondo empirico, e qui si manifestano attraverso le loro ombre, ovvero le forme geometriche, entrando nelle dimensioni dello spazio e del tempo. Dio stesso utilizzò principi matematici per la costruzione dell’universo, già secondo Pitagora e Platone.
Esiste un numero in relazione con l’archetipo del Bello: si tratta del numero irrazionale 1,618…, detto “Sezione Aurea” o “Divina Proporzione”. E’ come se il Grande Architetto avesse creato secondo questa “divina proporzione”, educando così il nostro senso estetico alla sua percezione. L’equilibrio armonico che si manifesta nelle opere dell’arte classica è molto spesso il risultato dell’utilizzo, consapevole o meno, della sezione aurea. Prendiamo ad esempio in considerazione il Quartetto per archi K 421, in cui la sezione aurea divide i primi tre movimenti dal quarto, esprimendo un equilibrio tra le parti. Non possiamo affermare con certezza che Mozart conoscesse o volesse applicare la sezione aurea, né vogliamo trovare ad ogni costo un riferimento misterico alla sua opera, solo ci sembra si tratti di una divina coincidenza!
Spesso Mozart arriva agli estremi limiti delle regole che reggono l’armonia e la tonalità. Il Quartetto per archi K 465, soprannominato “Delle dissonanze”, dimostra in modo spettacolare fino a che punto egli seppe piegare le leggi armoniche. Le battute dissonanti iniziali del primo movimento fecero supporre ai primi ascoltatori che si trattasse di imperdonabili errori dello stampatore o addirittura di una caduta di stile del compositore.
Mozart seppe fondere numerose atmosfere apparentemente incompatibili tra loro. Le sensazioni di proporzione, equilibrio e serenità confluiscono nei loro opposti. E’ come se il compositore volesse ricordarci che tutto è in trasformazione, che nulla è come appare e che la felicità e la bellezza si possono cogliere solo mediante un lavoro interiore, fatto di dolori e memorabili conquiste. Ne è un esempio il Concerto per pianoforte n° 20. I Romantici tedeschi gli attribuirono un potere “demoniaco”, con la sua tonalità in Re minore e la frase d’apertura ripetuta. Eppure nel secondo movimento il pianoforte canta un meraviglioso quanto essenziale tema principale che l’orchestra riprende. Niente di più semplice e… sublime.
Può un semplice uomo aver dato vita ad una musica così eclettica, allo stesso tempo complessa e semplice, classica e rivoluzionaria, diabolica ed angelica?
No, non un semplice uomo, ma sì un idealista, sì un vero filosofo. Perché Mozart fu un filosofo; per tutta la sua vita lottò per superare l’umano che era in sé ed elevarsi al divino. Fu un cammino di ricerca, di scoperta, anzi di “riscoperta”, perché l’Anima non apprende, l’Anima ricorda!