Missione Indonesia: cronaca

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La squadra è partita il 13 giugno dall'aeroporto “Leonardo da Vinci” di Fiumicino alla volta dell'Indonesia, facendo diversi scali per un totale di sedici ore di volo. Intanto, presso la sede di NA-L’Aquila è allestita una sala operativa temporanea con la funzione di raccogliere notizie delle condizioni sociali, politiche ed ambientali dell’isola di Giava per trasmettere i dati, via satellite, alla squadra.
Dopo essere giunti a Yogyakarta, i volontari procedono ad un sopralluogo dei villaggi della zona, dove la popolazione è più povera e le tecniche edilizie di peggior qualità.
A circa quaranta chilometri dalla città, presso il villaggio di Panjangrejo, l'abitato è distrutto e gli abitanti si creano rifugi improvvisati in mezzo alla strada, intralciando, così, i pochi automezzi in circolazione. Gli edifici pubblici sono meno danneggiati grazie alla migliore qualità costruttiva.
La squadra medica, costituita da Istvan, Angelina ed Helena, inizia le prime visite in una tenda. I primi pochi pazienti diventano un vero e proprio pellegrinaggio non appena si diffonde la notizia nei villaggi. Predominano infezioni, traumi ed effetti psicologici dovuti alle conseguenze del terremoto. Per tutto il periodo Istvan ha visitato più di trenta persone al giorno. In seguito, ha trovato posto, per il suo ambulatorio, in un luogo di culto dove ha continuato instancabilmente a medicare ferite infette, a curare malati cronici, che non avevano ricevuto in precedenza le cure adeguate, ed eseguire anche interventi chirurgici.
Intanto, la squadra tecnica, guidata da Ivan Rodes Lozano, con Alberto, Enrico, Miguel e Pier Ventura, organizza i lavori e l'acquisto del materiale, effettuato in loco anche per dare un piccolo contributo alla ripresa economica.
Avendo solo quindici giorni a disposizione decidono di lavorare al recupero almeno della scuola elementare di Semampir, che raccoglie più di duecento bambini delle cinque frazioni che compongono il villaggio di Panjangrejo, per ora costretti a seguire le lezioni in tenda.
Iniziano subito i lavori di rinforzo della struttura e, non essendo disponibili reti metalliche già pronte, si provvede a costruirle legando tondini di ferro: un'assoluta novità nell'edilizia locale! Infatti, molte persone, nei giorni seguenti, hanno domandato ai volontari spiegazioni su queste tecniche di messa in sicurezza delle mura ed alcuni, come Rara, maestra di scuola elementare, hanno collaborato alla preparazione delle reti per apprendere la tecnica e diffonderla.
Però, dopo due giorni di lavoro, la squadra si rende conto che, se vuole riconsegnare la scuola agibile alla sua partenza, ha bisogno di aiuto. Nasce così la decisione di chiedere la collaborazione di trenta muratori locali per insegnare loro le nuove tecniche edili e aiutarli anche al mantenimento delle famiglie. Per questo bisogna ringraziare NA di Spagna per il suo contributo finanziario.
Il lavoro è duro e le condizioni climatiche, temperature di 30°C e tassi di umidità dell’80-90%, non aiutano.
Martedì 21, però, una grande sorpresa attende i lavoratori: alla scuola di Semampir la vita sembra essere rifiorita tutto d'un tratto. I bambini, con la loro divisa scolastica, riempiono di grida allegre gli stessi luoghi che, nei giorni precedenti, erano immersi in un silenzio irreale, mentre gli operai, ritmicamente, con i loro martelli tolgono il cadente rivestimento dai muri.
Il giorno seguente la squadra viene anche intervistata dai giornalisti di un quotidiano e di una televisione locali.
Qualche danno più grave del previsto ed i numerosi problemi tecnici incontrati hanno ritardato la conclusione dei lavori che dovranno essere completati dalle maestranze locali, garantite da un regolare contratto stipulato con il direttore della scuola.
Giunge anche il giorno dei saluti: una cerimonia piccola e toccante, gli alunni indossano la loro divisa più bella, sono presenti anche gli insegnanti ed il capovillaggio. I volontari donano ai ragazzi zainetti con materiale scolastico e loro, come ringraziamento del lavoro svolto, fanno dono di oggetti artigianali.