La Siracusa di Gelone

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“Vi avranno spesso detto che Siracusa è la più grande delle città greche e la più bella di tutte le città. Quello che vi hanno detto, o giudici, è vero. La sua fama non è usurpata: occupa una posizione molto forte, è bellissima da qualsiasi direzione vi si arrivi, sia per terra sia per mare”.

Così scriveva Cicerone della città fondata nel 734 a.C. dal corinzio Archia.
Tra i personaggi che hanno fortemente contribuito a rendere bella, potente e ricca Siracusa spicca il re Gelone. Ebbe un forte legame con questa città che elesse a sua patria.


Prima dell’arrivo di Gelone, allora re di Gela, la città è già prospera, dedita al commercio e all’arte, ma i Cilliri, indigeni sottomessi dai Greci, entrano in conflitto con i ricchi proprietari terrieri, i Gamori, e riescono a cacciarli dalla città; questi chiedono al re di Gela per aiutarli a rientrare a Siracusa. Non è difficile per Gelone entrare in città, perché v’impera l’anarchia. I cittadini gli offrono il loro sostegno, essendo la fama della sua forza e della sua magnanimità giunta fin lì. Nel 485 a.C. Gelone entra, quindi, in città, accolto dal popolo come sovrano.
Ma chi è il primo re di Siracusa?
Gelone è nato a Gela, discendente da una nobile famiglia che vanta tra i suoi avi un sacerdote delle dee Demetra e Core. Da giovinetto si distingue subito per la sua abilità con le armi e diventa un guerriero molto temuto dai suoi nemici, con i quali si mostra però clemente. Porta a Siracusa i cittadini più facoltosi di Gela, Camarina, Megara Iblea ed Eubea, che, aggiuntisi alle diecimila famiglie già presenti, rendono ricchissima la città e potentissimi l’esercito e la flotta.
In molti cercano di stabilire alleanze con Gelone, primo tra tutti il tiranno di Agrigento, Terone, che gli dà in sposa la bellissima figlia Damarete.
Nel 480 a.C. una minaccia incombe sulla Sicilia: i Cartaginesi, capeggiati da Amilcare, partono dall’Africa con 400 navi e 300.000 fanti, diretti ad Imera, la sola città greca sulla costa settentrionale sicula, per liberarla dal dominio di Agrigento su richiesta dei cittadini stessi.
Gelone parte da Siracusa con 50.000 fanti e 5.000 cavalieri in aiuto del suocero Terone. Ancor prima di arrivare ad Imera, Gelone cattura 10.000 prigionieri cartaginesi, ma si rende anche conto del suo svantaggio numerico nei confronti del nemico. Il fato, però, viene in suo aiuto. Amilcare decide di fare un’offerta sacrificale al dio Nettuno e, nel frattempo, attende da Selinunte un folto gruppo di cavalleria. I Seluntini gl’inviano una lettera indicando il giorno dell’arrivo dei rinforzi, coincidente con quello designato per il sacrificio. Il messo cade nelle mani di Gelone, il quale organizza il suo stratagemma: invia un gruppo di cavalieri siracusani, travestiti alla “seluntina”, i quali, giunti presso l’accampamento cartaginese, entrano non riconosciuti ed uccidono Amilcare. La battaglia imperversa per mare e per terra, i Cartaginesi si arrendono, battuti in un sol giorno.
Diodoro narra che, nello stesso giorno, i Greci vincono il persiano Serse nella battaglia di Salamina. È una data importante per il mondo ellenico: i Persiani sono battuti in Grecia ed Cartaginesi in Sicilia.
Gelone celebra la vittoria con la costruzione di due templi gemelli dedicati ad Atena, uno ad Imera l’altro a Siracusa. Terone, ad Agrigento, fa costruire il colossale tempio di Giove. Ambasciatori cartaginesi si recano a Siracusa per negoziare le condizioni della pace. La regina Damarete persuade Gelone ad essere magnanimo con essi, ma chiede loro l’abolizione dell’usanza cartaginese di sacrificare bambini al loro dio Moloch. Questi accettano le condizioni della resa e donano alla regina una splendida corona, con il cui oro vengono coniate le bellissime monete chiamate Damaretheion.
Gelone inizia a pensare di ritirarsi a vita privata rinunciando così al potere e alla gloria; sa che circolano voci circa presunti abusi da lui commessi. Ordina, dunque, che tutti i Siracusani si radunino, in un giorno prestabilito, per un’assemblea generale nel foro, armati di tutto punto. Il re arriva disarmato e con un semplice mantello addosso. È sereno, ma dignitoso e regale. Fa tacere il brusio assordante proveniente dal popolo ed esclama: “Siracusani, poiché per volere dei Numi fui tratto in mezzo a voi, quando spontanei mi offriste il comando di questa bella città, io, lasciando la patria ed il regno di Gela, scelsi volenteroso di farmi vostro concittadino; da allora consacrai la mia vita a rendere più grande e possente Siracusa. Io spensi gli odii e le guerre intestine; ho ingrandito la cerchia della città, assoggettato a voi genti vicine, esteso i confini dell’impero siracusano. Ho fatto di voi un popolo fra i Sicelioti principe e potente. Mi studiai ognora di darvi ricchezza, abbondanza, prosperità. Cittadini, chiamando a testimoni gli dei, depongo oggi stesso nelle vostre mani quella sovranità che mi affidaste. Ma, se io m’inganno; se è noto a voi che io abbia tradito i doveri miei, impugnate le vostre armi, vibratele contro il mio petto, trucidatemi.” (Diodoro).
Nel pronunciare le ultime parole si scopre il petto ed il popolo sorpreso e commosso esplode in un clamore unanime. Gelone fa costruire vari templi dedicati a Demetra e Core.
Nel 478 a.C. Siracusa perde il suo re a causa di una malattia. Viene eretto un grandioso mausoleo con iscrizioni che descrivono le sue gesta eroiche e con un recinto di nove maestose piramidi, che verranno in futuro distrutte dal cartaginese Imilcone.
Anche se la storia ha cancellato quest’opera d’arte, nessun gesto di distruzione è riuscito a cancellare la gloriosa memoria della grandezza di Gelone e della generosità della regina Damarete.