Sancio e Chisciotte

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Non sono ancora stanchi… eppure da quattrocento anni vagano, giorno e notte, in cerca di avventure… Sono come buoni amici, ormai trasfigurati in modelli eterni, come il bugiardo Pinocchio, il dubbioso Amleto o il geloso Otello.
La storia è nota: uno va in cerca di nobili avventure dopo l’avida lettura di romanzi cavallereschi; l’altro lo segue, sperando nella solenne promessa di un regno da governare.
Però va sempre tutto male e prendono solo botte.


In punto di morte, inaspettatamente, Chisciotte si ravvede dei suoi errori.

Ma perché Cervantes mette in ridicolo il suo eroe? Perché gli fa sconfessare la vita proprio nel momento estremo? Chisciotte è veramente folle?

Non sono ancora stanchi… eppure da quattrocento anni vagano, giorno e notte, in cerca di avventure… Sono come buoni amici, ormai trasfigurati in modelli eterni, come il bugiardo Pinocchio, il dubbioso Amleto o il geloso Otello.
La storia è nota: uno va in cerca di nobili avventure dopo l’avida lettura di romanzi cavallereschi; l’altro lo segue, sperando nella solenne promessa di un regno da governare.
Però va sempre tutto male e prendono solo botte.
In punto di morte, inaspettatamente, Chisciotte si ravvede dei suoi errori.

Ma perché Cervantes mette in ridicolo il suo eroe? Perché gli fa sconfessare la vita proprio nel momento estremo? Chisciotte è veramente folle?
Ognuno interpreta il romanzo come vuole: o ne ride per le strampalate avventure o lo ammira per gli insegnamenti; ma non può essere ristretto in un confine, perché ad ogni pagina offre riflessioni diverse. Don Chisciotte suscita domande, ma nasconde le risposte; quelle se le trovi il lettore…

Don Chisciotte e il suo tempo
Chisciotte e Sancio sono figli dell’Europa all’alba del Seicento; un’epoca di paure, ancora piena di roghi, scontri religiosi e guerre devastanti. La nascente epoca esalta la razionalità (Cartesio); aggredisce nuove terre per depredarle; usa le nuove armi da fuoco che, colpendo da lontano, cavalleresche non sono, ma esaltazione del tradimento.
Il ridicolizzare i personaggi è, dunque, operazione obbligata per Cervantes, costretto da quell’età di ferro. Lo scrittore ne è pienamente cosciente quando fa descrivere, con nostalgia, dal suo eroe le bellezze dell’Età d’Oro (I, cap. XI). In quell’epoca buia, invece, a Don Chisciotte non resta altro che imitare un mondo ormai dissolto, vestendo, pensando e parlando all’antica e divenendo, quindi, ridicolo.
Il nostro rappresenta l’unico modo per essere idealista in quell’epoca di morenti ideali rinascimentali: fingendosi pazzo; così come faceva, nella realtà, il filosofo Campanella caduto nelle braccia dell’Inquisizione.
Se l’epoca è decadente, Chisciotte è, allora, il desiderio di evasione da una realtà che opprime; è il desiderio di tornare al tempo delle grandi imprese della Cavalleria vera.
La Cavalleria da vissuta era decaduta a narrata, e quindi sfruttata, esagerata; infine, come tutte le cose portate all’eccesso, era morta. Don Chisciotte è il funerale allegorico di questa decadenza.
Cervantes non scriveva, come altri invece facevano, solo per deliziare il proprio mecenate. Ebbe vita dura: fu in galera per debiti, combatté a Lepanto dove perse la mano sinistra; catturato dai Turchi, restò cinque anni come schiavo ad Algeri prima di essere riscattato… No, Cervantes scrive per gridare, ma in silenzio… la sa più lunga di quel che sembra!
Chisciotte, in fondo, è lui stesso: tante volte battuto dalla vita, ma finalmente giunto ad esprimere se stesso. Perfino nella morte somiglia al suo eroe: pubblica la seconda e ultima parte del romanzo e appena un anno dopo muore.

L’eroica follia di Chisciotte
Basta leggere quello che l’hidalgo sostiene sullo stile frugale che si addice al cavaliere (I, cap. X) per capire che folle non è!
Chisciotte non è un pazzo prigioniero del suo mondo fantasioso, ma è un sognatore cosciente e coerente. Sopporta fame, sete, angherie, sempre credendo che il mondo sia leale con lui, ma non si accorge che perfino gli indegni discendenti del suo mondo cavalleresco, il duca e la sua corte che compaiono nella seconda parte dell’opera, gli tendono trappole ingiuste solo per il gusto volgare di rompere la monotonia ridendo alle spalle di uomini buoni.
Allora la sua apparente follia ha una doppia lettura: non solo è espediente di copertura, visti i tempi…, ma, in chiave simbolica, indica il giusto comportamento dell’Uomo vero per il quale prima vengono gli Ideali e solo dopo la realtà della vita. Come Enea che ha un suo momento umano nell’amore con Didone; ma, quando il Destino lo richiama, torna alla sua condizione di eroe che rispetta prima la Legge divina e poi i suoi desideri umani.
Un Cavaliere non è un armigero corazzato che vaga in cerca di avventure (come capirà il nostro eroe solo in punto di morte), ma è un Uomo (lo scriviamo appositamente maiuscolo) che vive una vita esemplare, in difesa della Verità!
Il male arriva quando ci si allontana da questa giusta regola. Così la cavalleria muore quando il denaro e il trionfo nella vita hanno più valore. Le stesse civiltà scompaiono quando dimenticano la vera natura delle proprie origini.
Chisciotte è fra due abissi: quello buio sull’umano e quello luminoso sul divino. È, dunque, un doppio modello: ricercatore della Cavalleria e prototipo del complesso eroe moderno. Come esempio di ricerca interiore è un modello valido per gli uomini (la Cavalleria) ma anche per le donne… Esisteva, sui dizionari di qualche tempo fa, anche il termine Dameria a ricordare che anche la Donna (riscriviamo appositamente maiuscolo) ha i suoi modelli ideali, identici a quelli maschili, a cui ispirarsi per condurre una vita giusta.
Nel secondo aspetto Chisciotte è il precursore dell’eroe attuale. La letteratura moderna è piena di eroi trasformati in semplici protagonisti perché del vero eroe non hanno più l’incrollabile certezza nel proprio destino divino, ma lasciano trasparire troppo le debolezze umane. Non sanno più come si fa ad essere eroi…
Chisciotte è l’ultimo cavaliere antico, anche se eroe di carta e sepolto dal ridicolo ed è il primo dei moderni eroi di film e fumetti, anch’essi ridicoli per l’irrealtà delle loro avventure…

Chisciotte idealista
Quando il lettore meno se lo aspetta, Chisciotte muore e il lunghissimo romanzo improvvisamente si conclude. In punto di morte l’eroe sconfitto condensa tutte le sue esperienze e giunge a ripudiare la cavalleria, smentendo tutta la sua vita!
Nietzsche criticò aspramente Cervantes per averlo fatto morire così miseramente.
Ma, dietro l’apparente rinnegare, c’è piuttosto l’accorgersi dei propri errori, ovvero di essere un idealista incompleto.
Si accorge che il suo fallimento è causato dal confondere realtà ed immaginazione; invece un Idealista deve avere la mente al cielo ma i piedi ben piantati a terra, altrimenti non troverà compagni di avventura.
Capisce che per compiere grandi imprese occorre avere i giusti mezzi, ovvero, come dice un proverbio “non basta volere, occorre potere”; non si cambia il mondo con una vecchia spada, un cavallo rinsecchito e una bacinella in testa a posto dell’elmo. Capisce, infine, che nella sua epoca è ormai impossibile incarnare i valori profondi dell’antica Cavalleria.
Questa visione chiara in punto di morte rappresenta, però, anche la conquista di una certezza: se non ha sconfitto il male, almeno è diventato Chisciotte il Buono.
Allora, ha vinto! Non muore invano. Tutte le sue avventure, le sue illusioni lo hanno portato alla certezza di essere diventato un Buono: è la vittoria di una vita!

Lunga vita a voi, Sancio e Chisciotte! Continuate a inseguire i grandi ideali perché il mondo ha ancora bisogno di indomiti sconfitti. Così, un giorno, potranno tornare i Veri Eroi.