Alessandro Magno - Approfondimento culturale

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Della Seconda Guerra Mondiale sappiamo quasi tutto. Centinaia di autori ne hanno scritto; centinaia di filmati ne mostrano infiniti dettagli. Ma immaginiamo, per un istante, che fra duemila anni l’unica notizia di questo sconvolgente evento sarà un piccolo riassunto di un autore vissuto ben tre secoli dopo i tragici fatti e che ebbe la fortuna di poter leggere appena qualcuno di quelle migliaia di libri scritti negli anni successivi al grande conflitto, prima che fossero tutti distrutti dal tempo…
Qualcosa del genere è accaduto proprio al nostro Alessandro.

Infatti, nonostante la sua impresa fosse giudicata dagli stessi contemporanei degna di un dio, il primo scrittore, di cui ci resti traccia, che abbia lasciato una storia di quell’epica impresa, visse quasi tre secoli dopo il condottiero: lo storico greco Diodoro Siculo. Ci restano anche i testi di Plutarco (scritti dopo oltre tre secoli dalla conquista macedone), di Rufo e Trogo (quattro secoli dopo) ed infine di Arriano di Nicomedia (dopo ben cinque secoli); poi più nulla. Di quell’epica avanzata in deserti e terre sconosciuti, non è rimasto null’altro…
Si comprende, quindi, come sia stato sempre molto difficile capire Alessandro e quindi il senso profondo delle sue imprese. Il grande macedone è stato visto ora come un ispirato dagli dei ora come un volubile sanguinario.
Proviamo a dire la nostra. Non ci soffermeremo, però, sulle sue qualità umane, ma solo sugli effetti della travolgente impresa.
Alessandro è figlio e prosecutore del progetto di Filippo II, re della Macedonia: conquistare la confinante Grecia e poi attaccare anche il vasto impero persiano. Filippo si sente quasi un greco, tanto da affidare ad Aristotele l’educazione di Alessandro.
Verso il 360 la Grecia vive dell’ormai lontano ricordo delle epiche vittorie contro i Persiani, di oltre un secolo prima, ma è ancora immersa nel sangue di settant’anni di guerra civile fra Sparta e Atene. Ormai la Grecia non è più in grado di avere un ruolo attivo nella Storia. Filippo, invece, sa di avere un popolo molto più compatto delle litigiose città greche; sa di avere un esercito invincibile (la falange macedone) e gioca le sue carte… Ma il Destino non vuole lui: mentre prepara la spedizione è assassinato. Il Destino vuole suo figlio, Alessandro, che ha appena vent’anni!
Questi prende in mano il progetto paterno. In tre anni, tre fulminanti vittorie: a Granico, Isso e Gaugamela; tutte in territorio nemico, tutte in inferiorità numerica… Dario è umiliato, fugge, ma è assassinato da un suo satrapo. L’Impero persiano è disfatto.
Prima, però, della vittoria finale di Gaugamela, Alessandro scende a sud: fino in Egitto, dove fonda Alessandria. Dopo due secoli di dominio persiano e di caotici tentativi di restaurazione, l’antichissima civiltà egizia potrà riavere una sua nuova dignità, con la dinastia dei Tolomei fondata dal generale di Alessandro, Tolomeo, dopo la morte del condottiero.
Prosegue poi la sua cavalcata fino all’Indo; fonda molte città con il suo nome (se ne contano quindici). All’Indo si ferma; i suoi uomini non ce la fanno più. È giunto il limite del sogno: quando si trasforma in pazzia…
Torna indietro e, nel 323, ad appena 32 anni, muore, per malattia o forse avvelenato.
L’Impero se lo spartiscono i suoi generali che iniziano, ovviamente, a litigare fra loro. Alla fine sopravviveranno solo tre regni: Egitto, Siria e Macedonia.

Questo è tutto, eppure è tanto… sembra un sogno trasformatosi in sabbia che scivola via fra le dita... A che è servito il sacrificio delle vite di tanti uomini? Una vita così breve come può avere influenzato la storia?
Ai suoi tempi fu certo molto difficile per i contemporanei capire a cosa servisse quell’avventura ai limiti della follia… Oggi, però, possiamo vederne chiaramente il significato.
L’impresa avviata da Alessandro, e sviluppata dai suoi successori, non cambiò le cose, e non poteva cambiarle vista la profondissima diversità di popoli, nell’interno mesopotamico ed iraniano; ma molte cose cambiarono in Egitto, a cominciare proprio da Alessandria!
Qui sta il cuore dell’impresa macedone! Perché fu fondata?
Non conta tanto l’estensione delle terre conquistate dal Macedone; nella storia futura conterà molto di più la fondazione di questa città! In pochi decenni divenne il nuovo faro culturale che prese il posto dell’ormai esausta Atene. Ad Alessandria, grazie ai Tolomei, sorgerà il Museo con la Biblioteca. Il centro culturale alessandrino ne trascinerà altri come Pergamo e Antiochia; perfino la stessa Atene avrà la sua Biblioteca, ma solo per gentile elargizione di un Tolomeo…
Alessandria è il faro di un nuovo periodo della cultura greca: l’Ellenismo. Non si tratta di un periodo culturale ‘originale’; è solo un periodo ‘enciclopedico’, di raccolta di libri, di commenti, di schedatura, di collezionismo, così come faranno i grandi italiani nel nostro Rinascimento.
Perché collezionare? Perché c’era nell’aria l’odore della fine; si intuiva che l’epoca di Pericle, di Eschilo, Socrate volgeva inesorabilmente al tramonto… occorreva salvare il salvabile.
Non è qualcosa che riviviamo anche oggi?
Quella grande impresa militare era servita solo a fondare Alessandria, che serviva a salvare la cultura greca e medio orientale dall’oblio del tempo.
La Grecia con le continue dispute interne si era dimostrata incapace di traghettare la sua Cultura in una dimensione internazionale, pur avendo fondato molte colonie, che, però, non erano ancora quel progetto di civiltà che solo Roma saprà realizzare: l’unione mediterranea.
Osserviamo le date della storia: la Grecia comincia il suo declino nel 430, quando iniziano settanta anni di guerra civile; Roma arriva nelle terre della Magna Grecia nel 270 e in Grecia nel 170.
Quindi fra l’inizio del declino greco ed il completamento del progetto romano di unione del Mediterraneo, in epoca augustea, passano quattro secoli. Ora, la cultura non si sorregge da sola: è lo specchio di una forza anche politica, commerciale e militare. Allora, le sempre più deboli città greche, abbandonate alla loro decadenza, non avrebbero avuto la capacità di custodire la loro splendida cultura, in attesa dell’arrivo di Roma. Dopo duemila anni è facile vedere questa successione, ma al momento era, ovviamente, impossibile capire che stesse per arrivare una nuova civiltà da occidente!
Due, tre secoli sono più che sufficienti alla forza del Tempo per cancellare il ricordo di tutto. Cosa sarebbe rimasto della cultura greca dopo secoli di decadenza? Su cosa si sarebbe innestata la potenza organizzatrice di Roma?
Oggi che abbiamo vissuto l’importanza di un Rinascimento italiano, che ancora viviamo in un Diritto di stampo romano, viviamo in una Scienza di natura aristotelica; insomma oggi che viviamo ancora del pensiero greco-romano comprendiamo quanto fosse importante che queste due Civiltà si incontrassero e si fondessero.
Così la meteora di Alessandro acquista una sua dimensione. Sembra quasi che il Destino, che guida in segreto la Storia umana, avesse compreso che occorresse agire in fretta, che non potessero scorrere due secoli nel buio, che occorresse far sopravvivere la cultura greca per aspettare l’arrivo di Roma. Ecco allora che l’impresa di Alessandro, pur nella sua brevità, assume un’importanza strategica enorme. Se non ci fosse stato, forse oggi l’Umanità sarebbe molto indietro nel suo cammino. Dunque, la sola Alessandria basta a giustificare l’impresa militare del macedone. Alessandria, dalla pianta geometrico-pitagorica, è messa lì, sul finire dell’Egitto come a ispirare l’unione fra la terra dei faraoni, la Grecia e l’Oriente.
Il delta del Nilo era zona paludosa e covo di pirati; due secoli dopo Alessandria sarebbe diventata la maggiore metropoli del Mediterraneo, con due milioni di abitanti.
Roma, oltretutto, non avrebbe avuto la capacità di divenire un polo culturale come Alessandria, perché non era, diciamo, nel suo codice genetico. Roma è una forza essenzialmente organizzatrice; la Grecia, invece, ha un’anima più colta ed artistica. Quindi, solo una sua figlia (Alessandria) ne avrebbe potuto mantenere accesa la fiamma.
Ad Alessandria si raccolsero migliaia di volumi e decine di uomini di cultura. Certo, come detto, questo non fu periodo di creazione culturale di elevata ispirazione; fu solo di rilettura, di raccolta, ma è ciò che serviva in quel momento. Se non fosse stato fatto avremmo, molto probabilmente, perso moltissimo del mondo greco.
Non sarà l’unica volta che l’Umanità rovisterà affannosamente per raccogliere la sua produzione culturale: lo faranno i Benedettini che traghetteranno la cultura greco-romana nel medioevo; lo faranno i nostri Umanisti che raccoglieranno il meglio di Roma e della Grecia. Ogni qual volta si fa un’opera di raccolta, pur nella sua umile semplicità, si gettano le base per una Rinascita.
Perché sosteniamo che Roma avrebbe incontrato una Grecia ormai disfatta e culturalmente decaduta? Perché basterebbero appena pochi anni per ‘dimenticare’ la grandezza del proprio passato?
Perché è quello che oggi, a cavallo di due millenni, stiamo toccando con mano!
Ormai è evidente che negli ultimi trent’anni il mondo occidentale ha perso molto del suo pensiero. Vediamo un progressivo imbarbarimento dei costumi civili ed un’avanzante ignoranza del sapere più elementare. Cosa può trasmettere una generazione che “dimentica” il proprio passato alla generazione successiva? E cosa può trasmettere questa a quella che verrà dopo? Insomma in cinquant’anni, ovvero tre-quattro generazioni, si fa più che in tempo ad iniziare a dimenticare la propria storia. Un popolo che dimentica il proprio passato è un popolo alla deriva.
Ecco perché la potenza di Roma non avrebbe potuto innestarsi con la cultura greca se fossero passati troppi anni e se non fosse intervenuta l’impresa di Alessandro. Per assurdo, da una guerra di conquista nacque un ponte fra due civiltà.

Alessandro può essere visto sotto aspetti anche molto differenti: un semidio o un essere brutale; sterminatore o edificatore, monarca illuminato o dispotico. Ma, al di là di queste sue caratteristiche personali, appare come un segno celeste il suo ineluttabile ‘appuntamento’ con l’Egitto.
Perché Alessandro, quando doveva ancora regolare i conti con il re persiano, decide di recarsi a sud, fino in Egitto e dare al nemico il vantaggio di riorganizzarsi? Perché proprio in Egitto, una terra alla periferia dell’impero persiano? Perché si reca in visita al tempio di Amon nell’oasi di Siwa, dove i sacerdoti egizi danno una luce di sacralità alla sua impresa, riconoscendolo come figlio della divinità. Ciò avviene in Egitto e non altrove! In con questa terra sarà anche sepolto per volere di Tolomeo, che intercettò il corteo funebre che risaliva verso la Turchia, e si portò la salma del suo re per farlo custodire in un mausoleo al centro di Alessandria, come un nuovo faraone.
La vera grandezza dell’impresa di Alessandro non sta tanto nel fattore ‘novità’ o in quello dell’eccezionale estensione del suo impero, ma proprio nell’aver fondato la città che porta il suo nome e, di conseguenza, nell’aver aperto l’Ellenismo, quel periodo culturale che, pur nella poca altezza spirituale della sua ispirazione, fu straordinariamente fondamentale affinché non si perdesse il mondo classico, alle porte della nuova era cristiana.